LA CHIESETTA DEL DOSSO DI VELATE
Bene, partiamo, sarebbe servito un po’ più di rodaggio, ma l’occasione delle VILLE APERTE IN BRIANZA 2012, è da valorizzare.
Tra le altre opportunità, domenica 30 Settembre, ci sarà la possibilità di visitare la Chiesa del Dosso di Velate, all’interno del Parco dei Colli Briantei
La costruzione che fa bella mostra di se e si staglia bianca, tra verde dei prati circostanti e l’azzurro intenso del cielo, in quelle giornate in cui la si può appezzare, nella sua più pura essenza, è descritta sempre molto succintamente. Le fonti del web la indicano costruita nel primo quarto del 1800. L’ente dei beni culturali della Lombardia che la censisce parla di “Chiesa della Beata Vergine del Carmine al Dosso”, epoca di costruzione secolo XVIII, è tutto.
Da parte nostra la ricerca, che è ancora in itinere, ha sortito comunque qualche risultato interessante.
Dobbiamo partire da molto lontano.
La prima notizia del luogo la ricaviamo da un testamento datato 1270, il 16 Settembre il Beato Conte de Caxate, detta tre testamenti, come ci informa Virginio Longoni, da cui traiamo questo prezioso contributo, contenuto in “Torri e campanili nella pieve di Missaglia”. Quello che c’interessa è a favore dei nipoti, eredi principali dei suoi beni, ora nel lungo documento fa riferimento a suoi averi e nell’elenco ecco comparire “il possedimento che ho al dosso del prete, che in parte appartenne a mio padre ed in parte venne acquistato”. La denominazione “del prete” ci fa intendere che il luogo fosse, fin d’allora legato ad un edificio religioso.
Nel documento si parla di altri terreni prossimi, al nostro Dosso, come il “possedimento di Campofiorenzo che fu dei Prealoni, ancora più importante sembra la citazione di altri terreni di proprietà posti alle Quattro Valli, una località nei pressi di Galgiana, vicino a Casatenuovo, dove sorgerà, nei primi anni del 1500, sotto l’egida dei discendenti del nostro Conte, il Conventino di San Giacomo di Galgiana, tenuto dai Domenicani, li fin dai tempi lontani sorgeva la chiesuola campestre di San Giacomo Zebedeo. La nozione interessante sta nella dedica a San Giacomo che lega le due proprietà dei “de Casate”, infatti nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani di Goffredo da Bussero, caposaldo di tutti i cataloghi a seguire, ed ancora fonte privilegiata di notizie, per conoscere le chiese storiche del territorio, compilato alla fine del 1200, la chiesa del Dosso di Velate è così indicata: “In Plebe Massalia ad Dossum Presbiteri ubi dicitur Soreram, Ecclesia Sancti Iacobi Zebedei”. Un dizionario dei luoghi della Lombardia, che puntualmente inventaria la località, cerca di spiegare il termine Soreram, riportiamo: “Sorera, forse dal verbo milanese sorà – rinfrescarsi, oppure da sor èra –sopra l’aia ?” . Noi ne aggiungiamo diversi altri, di punti di domanda e lasciamo le ipotesi in sospeso, in attesa di altre considerazioni.
E’ importante sottolineare l’appartenenza della chiesa alla Pieve di Missaglia e non di Vimercate di cui Velate fa parte. Questa posizione di confine determinerà una continua fluttuazione di “appartenenza” che caratterizzerà le vicende della costruzione e dell’entità religiosa nei secoli.
Nel “Notizia Cleri Mediolanensis de anno 1398”, che delinea uno stato della chiesa milanese alla fine del sec. XIV, annovera nelle pieve di Vimercate la “capellanus dossi de prenede”, che ha un reddito di 1 Lira imperiale, 2 soldi e 5 denari, e dunque per tale cespite viene tassata dal Fisco.
Parliamo di un inventario, come abbiamo visto, realizzato a fini fiscali, quindi la mutata plebe di appartenenza può essere legata a questa particolarità. A fronte, di un reddito di qualche rilievo e in linea con altre realtà della zona, ci fa supporre come tale chiesa avesse una sua importanza. Il Dozio nell’anno 1855, quando da alle stampe il suo “Pievi Briantine” nel citare la fonte del catasto fiscale, aggiunge nelle spiegazione, relative all’identificazione della chiesa; “forse de prevedo, cioè al dosso del prete”. A completamento, delle sue note ci dice che non sa collocare la chiesa, ma che la stessa è citata negli atti delle visite pastorali come “Ecclesia S. Iacobi ubi dicitur al Dosso” .
“(A questo punto azzardiamo una nostra ipotesi, il documento che prendiamo in considerazione ci porta al 1607, parliamo degli atti relativi al processo intentato contro Gian Paolo Osio, per la nota vicenda della monaca di Monza. Dagli atti del processo estrapoliamo queste indicazioni sulla chiesa. E’ il 14 Dicembre il notaio Francino in compagnia del vicario criminale Gerolamo Saracino, che conduce l’indagine, raggiunge Velate per un sopralluogo al pozzo in cui è stata ritrovata Suor Benedetta. Questa è la sua descrizione del luogo” ……un pozzo senz’acqua profondo trenta braccia….. Questo pozzo dista un tiro d’archibugio da Velate e quindici passi circa, da una cappella che si trova in un luogo sopraelevato…..”. Lo stesso giorno il teste Pietro Paolo Alberico ancora sulla chiesa “ …doppo che fu detta la messa, nella chiesa fuori di questa terra verso Monza, et è quella la su (e mostra la cappella di cui si è detto) (ostendens oratorium superius descriptum )…” . Riteniamo che queste descrizioni possano identificare con buona approssimazione il Dosso di Velate e la sua cappella. Ci fermiamo qui, lasciamo aperta questa ipotesi, gettiamo questo sasso, nell’attesa, che chi è addentro a queste cose, possa valutare e dare una sua opinione. Ci riserviamo, in ogni caso, di riprendere l’argomento e approfondirlo in qualche prossimo “post”.)”
N.R. L’ipotesi sopra esposta, alla luce di ricerche successive, risulta infondata, quindi priva di valore documentale e storico. Rimandiamo al proposito ad uno specifico articolo, dove possiamo con una buona certezza collocare il famoso pozzo.
Ancora documentale e di primaria importanza è quanto riportato nell’estimo di Carlo VI, più comunemente noto come catasto Teresiano, nell’anno 1721. L’agrimensore Francesco Besoldo, preposto al censimento, disegna sulla mappa e precisamente al foglio quarto di Velate in posizione prossima al confine con il comune di Campofiorenzo, un piccolo edificio siglandolo con la croce che identifica gli edifici religiosi e nelle note, puntuale a fianco della croce riporta l’indicazione dell’edificio.
Si ricava che la “capelletta” dedicata a San Giacomo è di proprietà privata, con sorpresa scopriamo che tale possesso a distanza di 450 anni è ancora nelle mani degli “Heredi di Ambrogio de Casate”, dunque lontani discendenti del Beato Conte del 1270.
E’ certo, che la costruzione che oggi vediamo, non ha niente a che vedere con le chiese e cappelle che abbiamo fin qui elencato. Non sappiamo, se la soppressione del conventino di San Giacomo in Galgiana, avvenuta nel 1769, e la dipartita dei Domenicani, abbia avuto conseguenze, negative, anche per il nostro San Giacomo, sappiamo da una visita pastorale del 1838, del cardinale Carlo Gaetano Gaisruck, la fonte è tratta dal libro “Terre di Brianza”, che col passare del tempo, della chiesa era rimasto ben poco, a quanto pare solo una parete su cui era però dipinta un’immagine della Maria Vergine, che gli abitanti delle limitrofe parrocchie per un’antica devozione veneravano assiduamente. Ora lo stesso cardinale chiedeva l’intervento delle autorità austriache, che governavano la Lombardia in quegli anni, per sanare, quella che a suo dire, era una situazione intollerabile. Dunque su questo terreno, che era passato in proprietà al nobile Sig. Francesco Croce, e su cui insisteva il muricciolo con la sacra effige, grazie alla raccolta di offerte, dei fedeli che qui accorrevano, era stato possibile nel 1822, erigere un piccolo oratorio, con l’assenso del proprietario del terreno, ma senza alcun benestare dell’Autorità. Il cardinale, era ora venuto a conoscenza di tale circostanza, quando il Sig. Croce aveva richiesto il permesso, per celebrare la santa Messa. Le osservazioni negative del prelato segnalavano inoltre, questa la sua istanza, “Ora nel decorso di tanti anni crebbe in tanta forma quel luogo da raccogliersi nell’oratorio ogni anno una discreta somma di elemosine che ignoro da chi siano amministrate e quello che più importa per la pubblica morale è frequentato in ogni ora, anche di notte, specialmente da donne”. Nel confermare che da parte sua non ci sarebbe stata nessuna autorizzazione, il cardinale sottolineava la necessità , che le autorità intervenissero perché “quell’edificio non sia più aperto per nessun titolo ad uso di culto, e sia impedita l’affluenza del popolo a quel luogo”. Non conosciamo se l’intervento governativo, sia mai avvenuto, a distanza di anni, nel 1857, da altra vista pastorale ad opera dell’Arcivescovo Romilli, si ha notizia che lo stesso proibisce di celebrare la Messa nella cappella detta del Dosso e che impartirà, riportiamo testualmente quanto indicato nel libro di Gianni Magni “Mille anni di vita e 400 di parrocchia” delle disposizioni precise circa, “dubbi sul culto che vi veniva esercitato”.
Questo è un altro punto che ci piacerebbe conoscere più a fondo. Invitiamo ancora ad intervenire chi potesse aggiungere sostanza all’argomento.
Non abbiamo notizie, al momento, degli eventuali ampliamenti che sembrano intervenuti dalla visita pastorale del Cardinale Gaisruck, ai tempi recenti.
Possiamo ancora identificare i proprietari della chiesetta che è privata fino al 1963 quando passa dai Belgir alla parrocchia di Velate. Dopo il citato sig. Croce, conosciamo come proprietari, appunto, i signori Borghi poi Belgir. Siamo certi della proprietà Croce che al contempo detiene anche la vicina chiesa del Masciocco, con probabilità, quando il Croce cede la proprietà della cascina e dei terreni alle figlie, queste si trovano a possedere due chiese con la stessa dedica, Madonna del Carmine o Carmelo, al Masciocco e al Dosso. Da qui il cambio di dedicazione della chiesette del Masciocco avvenuta nel 1856 quando la dedica passa a Santa Eurosia, lasciando al Dosso la più profonda e radicata, consacrazione alla Madonna del Carmine
Cogliamo per finire un’ultima curiosità, poco discosta dalla cappelletta, all’interno di una recinzione sorge un piccolo edificio religioso, con relativo campaniletto. A ridosso degli anni ’30 del secolo scorso, il cappellano dei Belgir, don Salvo, incaricato di celebrare la Messa nella piccola chiese, ebbe un diverbio insanabile con gli stessi tenutari, rinunciò al suo incarico. Così, a fianco della casa, che si era costruito personalmente, in stile prossimo al liberty, fece erigere nel suo giardino, per non abbandonare i fedeli, che erano con lui, la piccola chiesa dove continuò sino alla morte a celebrare la Messa.
Dopo la sua morte la celebrazione ritornò alla Madonna del Carmine.
[…] avuto modo di descrivere ampiamente la storicità della chiesetta del Dosso, in uno dei post precedenti a cui rimandiamo per una esauriente e completa conoscenza. Poteva […]