STORIA DELL’ARTE MODERNA INTERPRETATA DA GINO CASIRAGHI: “CLAUDE MONET”

STORIA DELL’ARTE MODERNA INTERPRETATA DA GINO CASIRAGHI: “CLAUDE MONET”

Con Monet, inizia una sfilata d’artisti, dalla notorietà inequivocabile. Attestazione confermata dalle ripetute mostre dedicate e dalle pubblicazioni, più o meno qualificate, che trovano facile esordio con uno di questi calibri da “novanta. Gino Casiraghi, più rigoroso, nella scansione temporale della sua esposizione, ma sempre consapevole dell’impossibilità di stabilire precisi confini di tempo, fra un movimento artistico e l’altro, attende ora l’autore, noto tra l’altro  per quelle ninfee che lo stesso Gino Casiraghi ci dice, essere stato il soggetto ricorrente, negli ultimi anni di vita dell’artista. Una scelta, che trova spiegazione nell’approccio proposto dallo stesso Casiraghi nel considerare le 56 varianti, della cattedrale di Rouen, eseguite da Monet. Chi poi ha visitato, o avrà l’occasione di visitare l’Orangerie a Parigi, tempio delle ninfee di Monet, dove sono esposti ben otto grandi pannelli murali, dello stesso soggetto, avrà l’opportunità, grazie alla felice scelta dei curatori del museo, che hanno sistemato comodi divani di fronte ai dipinti, di sostare il tempo necessario, per comprendere e sperimentare, forte ognuno della propria sensibilità, gli stati d’animo mutevoli e personali, che le pitture infondono, rendendo merito al grande pittore capace di esprimere compiutamente  attraverso questa originale espressione pittorica, il mutare della “tensione emotiva”, come sostiene il Casiraghi.

CLAUDE MONET

Abbiamo visto come gli impressionisti radicalizzano i concetti di sensibilità e libertà pittorica, proponendo una diversa visione del mondo, un diverso ottimistico rapporto con la natura. All’impressionismo si sono rivolti diversi rimproveri. Gli si è rimproverato il distacco dell’uomo dallo spirito, o meglio dalle problematiche spirituali. Gli si è rimproverato di esprimere la sola capacità di sentire, e non di rispondere a qualcosa. Si è addirittura rimproverato agli impressionisti di non portare a termine i loro quadri.

 

Ma contrariamente a quello che si crede, il principale intento di questi pittori (soprattutto di Monet) non è tanto di riproporre la realtà, mediante un diverso linguaggio pittorico, quanto di manifestare un nuovo spirito creativo e comportamentale carico di contenuti etico-socio-culturali. Certo è la prima volta che luce, colore, materia, spazio si fondono come in un unico elemento generatore di energia visiva. E’ l’assoluta immersione nella materia pittorica, prescindendo da ogni nozione di struttura. La materia, anziché costruire, sembra sbriciolarsi , non sta più insieme, come se tutto diventasse atmosfera.
Claude Monet è tra gli impressionisti la personalità che aprirà una nuova, importante via “concettuale ” all’arte del 1900. Quindi l’opera di Monet è importante, più che per i valori estetici, per una non dichiarata, addirittura nascosta “arte del pensiero”. Quest’ultima mia affermazione, apparentemente bislacca, si potrà, capirla più avanti.
La comprensione e l’analisi critica di linguaggi e di concetti artistici non sono mai agevoli. Bisogna ammettere che anche per la critica non è semplice cogliere le ragioni più. recondite di un’operazione espressiva. E soprattutto è difficile individuare quegli occulti geni fecondatori che determineranno futuri sviluppi dell’arte.
Procediamo ad analizzare l’arte del nostro artefice. Monet medita soprattutto sulla sostanza della pittura. Certamente scopre nella trama di vibrazioni luminose lo sfaldarsi della realtà. Ed è proprio quell’andare in pezzi del paesaggio che accende in Monet l’idea di evidenziare gli elementi costitutivi propri della pittura: il tratto di colore, la pennellata, il gesto della mano. Certamente lui coglie, con immediatezza percettiva, la vibrante esteriorità della natura. Ma è un errore parlare di Monet solo in termini di natura.
Il suo precipuo intento non è, come la critica ha sempre sostenuto, di cogliere la natura nei suoi istanti fuggevoli”, ma di cancellare la realtà mediante un processo pittorico di progressivo occultamento del soggetto.
Questa progressiva corrosione della materia e della sostanza strutturale del mondo reale, apre la strada al valore della pittura in sé, a prescindere da ciò che viene rappresentato. A lui non interessa il contenuto, anzi, opera in modo di toglierlo di mezzo (anche se il concetto di astratto non è ancora nato).
Della cattedrale di Rouen ha dipinto addirittura 56 versioni. Ora, come viene interpretato questo comportamento operativo dalla critica? (lo rilevo con riluttanza). La critica ha sempre sostenuto (in modo superficiale) che i diversi quadri sul tema della cattedrale sono stati dipinti per cogliere la diversa incidenza della luce nei diversi momenti della giornata.
E’ questo un rilievo inadeguato. Se mai possiamo fare una lettura un po’ più analiticamente intrigante. I dipinti della cattedrale, in apparenza simili, in realtà sono diversi. Il senso di queste varianti, a mio avviso, non è da ricercare nel gioco della luce, bensì nel clima emotivo che scaturisce dai dipinti, i quali rappresentano come una sorta di diario della sensibilità; un’autoanalisi che suggerisce i momenti di intima riflessione. Insomma, i risultati del dipingere attraverso uno stesso tema, testimoniano il variare della tensione emotiva.
Ma l’essenza concettuale di tale operazione non è neppure quella appena descritta. Credo che l’intento recondito sia di togliere importanza al soggetto. Del soggetto Monet distrugge non solo il corpo ma anche l’anima: ossia la ragione della sua presenza. Sono le prime avvisaglie della pittura informale; la nascita della modernità.
Sia pure dopo più di un secolo, il giudizio critico su Monet dovrà essere riconsiderato. E’ questo il primo pittore che avvia un fattivo processo artistico verso l’opera “autonoma”; l’opera in cui il soggetto è un pretesto. Ci si domandi la ragione per cui gli ultimi vent’ anni della sua vita, Monet, li ha passati nel suo giardino di Giverny a dipingere quasi esclusivamente ninfee.

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