L’Ar-core del futuro… uno sguardo al suo passato (sesta puntata)

L’Ar-core del futuro… uno sguardo al suo passato (sesta puntata)

Terminiamo con questa puntata il racconto della lunga vicenda che ha segnato la storica fabbrica arcorese della Bestetti, impegnata nel settore del legno e quindi convertita nell’attività aeronautica.

Dopo l’esperienza al servizio della Regia Aeronautica nella Prima Guerra Mondiale e il ritorno alla sua attività originale tra le due guerre, ricca di soddisfazioni economiche, giocoforza con la crisi generale degli anni Trenta, la sperata via verso nuove prosperità, al servizio del Ministero dell’Aeronautica. Progetti di nuovi aerei, spesso interrotti da fortuite situazioni e l’impegnativo lavoro di manutenzione su diversi aerei della flotta aerea italiana da guerra, finirono tuttavia nel gorgo del disastro italiano di un conflitto mondiale in cui il paese era stato trascinato. Una fine annunciata e tragicamente compiuta a cui la Bestetti non poté sottrarsi e nonostante le intenzioni propositive dei suoi titolari, portò, nel dopoguerra, alla chiusura definitiva dell’attività produttiva.

        Paolo Cazzaniga

Gli ultimi progetti e il tracollo finale

L’I.M.I. dispone accertamenti sull’esposizione finanziaria della Bestetti

Una volta avuto il mutuo dall’I.M.I., la Bestetti continuò ad operare con rinnovato spirito imprenditoriale, investendo nel biennio 1941-1942 in nuove strutture e macchinari. Allo stesso modo, sia nel 1942 e soprattutto nel 1943 abbiamo concreti progetti di nuovi aerei che vedevano la luce ed erano collaudati sul campo di aviazione di Arcore. 

I fatturati della società rimangono in costante crescita negli anni.

                                                                                           scoperti in c/c
Fatturato annuo       1939       £ 4.800.000                  £ 1.200.008,85
                                    1940      £ 10.390.000                £ 1.239.969,85
                                    1941      £ 11.240.000                £ 991.775,50
                                    1942      £ 13.005.000                £ 684.036,25

Contemporaneamente gli scoperti con le banche tendono a diminuire. Questo dato, tuttavia, è considerato non sufficiente per le aspettative dell’I.M.I. che vigila affinché il muto concesso sortisca l’esito per cui era stato assegnato.

Nel gennaio del 1942 l’Istituto Mobiliare chiede lumi alla Bestetti sulla situazione, disponendo un’ispezione all’azienda.

La missiva invita dalla sede centrale della I.M.I. agli uffici milanesi, in cui si richiedono accertamenti sulla Bestetti

La direzione generale romana, invia una comunicazioni di questo tenore alla sede di Milano:

“Dai bilanci in possesso di questa direzione, relativi agli esercizi 1940 e 1941, appare che la ditta non ha decurtato in misura sensibile la propria esposizione verso le banche: interpellata a suo tempo circa l’adempimento dell’obbligo suddetto la Ditta ci dichiarò di non avere ancora venduto le aree in parola, ma che nel frattempo la produzione era fortemente aumentata a che le spese per nuovi impianti avevano superato il milione.
Vi preghiamo di volere eseguire un sopraluogo presso la Ditta allo scopo di appurare:
a) – se ed in quale misura sia stata decurtata la esposizione verso le banche;
b) – se e quali incrementi si siano verificati, successivamente alla stipulazione del mutuo, nelle attività industriali assoggettate ad ipoteca a favore di questo Istituto.
c) – quale sia l’andamento economico dell’azienda e se gli utili conseguiti siano rimasti nell’azienda sotto forma di nuovi investimenti o di decurtazione di debiti.”

Il ragionier Bettini, funzionario milanese dell’I.M.I., che aveva già seguito la pratica per la concessione del mutuo, ritorna alla Bestetti. La faccenda si è protratta per le lunghe, tanto che a metà aprile, nell’introdurre la relazione si legge : “Con riferimento alla lettera n. 9738 del 21 gennaio u.s. si informa che soltanto recentemente è stato possibile concordare con la ditta un sopralluogo per i richiesti sommari accertamenti”.

Bettini in sintesi risponde ai tre quesiti:

  • a) L’esposizione verso le banche è diminuita da 1.200.000 a lire 684.000
    Del resto il ricorso al credito bancario è limitato ad anticipazioni sui crediti verso lo stato, di lentissimo realizzo.
  • b) Dopo la stipulazione del mutuo vennero eseguiti investimenti per somme apprezzabili destinate a migliorie ed ampliamenti dei reparti, macchinari, attrezzi, con spese complessive nell’ordine di circa £ 1.750.000
  • c) L’andamento economico dell’azienda è soddisfacente traendo vantaggio dalle forniture militari (riparazioni di velivoli e costruzioni) fortemente aumentate in seguito allo stato di belligeranza, e gli utili vengono in massima reimpiegati nell’azienda ad incremento del capitale fisso e circolante.

Il composito saettato

Avevamo detto della rinnovata verve che caratterizza l’inizio degli anni Quaranta con l’illustrare il progetto e la realizzazione di un singolare aeromobile di concezione originale a cui la società arcorese lavorò a partire dal 1942. Anche questo velivolo fu progettato dall’ingegner Nardi. Ci avvaliamo delle indicazioni dello storico del volo Achille Vigna, che scrive: “L’aereo era destinato per un impiego specifico antinave ed era formato da due aeroplani: un caccia definito “Saetta” (BN.2), era agganciato sotto ad un velivolo madre, definito “Saettante”. Il caccia veniva trasportato in prossimità dell’obbiettivo e ad una quota approssimativa di 5000 metri, era sganciato dal Saettante. Dopo una picchiata di circa 45° il Saetta avrebbe sganciato una bomba di grosso calibro con una velocissima velocità inerziale, il velivolo sarebbe poi rientrato alla base con mezzi propri. Il velivolo madre era monoplano, bi-coda con fusoliera centrale ed era stato pensato con due motorizzazioni, bimotore (BN.3) e quadrimotore (BN.4)”.

Due “viste” dell’aereo progettato dell’ing Nardi. Il disegno realizzato nel 1941 dall’Ufficio Tecnico dell’Aeronautica Bestetti- Arcore

Segnato da costi elevati e da non trascurabili problemi di realizzazione, aveva dalla sua una lunghissima autonomia, un carico bellico considerevole ed una velocità d’impatto molto elevata.

Il dettaglio dell’operatività del “Saettante” e della “Saetta”, che sganciava la bomba sulla nave

Le peculiarità del velivolo erano dunque state apprezzate, tuttavia, la valutazione del progetto andò per le lunghe. I disegni del lavoro, che erano già disponibili nel settembre del 1941, videro realizzare le prime prove statiche solo nella primavera del 1943. La precaria situazione bellica, che nel contempo era andata precipitando, decretò l’abbandono del programma. Anche l’ing. Nardi nel corso del 1942 aveva lasciato la Bestetti, per dedicarsi allo sviluppo, sempre in ambito aeronautico del suo “legno ricostruito” con cui aveva iniziato realizzando il BN.1. Tratto dalla rivista “Aerofan”, proponiamo dal quarto numero del 1979 un interessante articolo: “Il bicoda Bestetti per il bombardamento saettato”

Nuovi investimenti immobiliari e mobiliari

Interessanti notizie emergono dalla relazione Bettini sull’entità dei nuovi investimenti, che restituiscono una fotografia aggiornata degli immobili che andavano completando l’area di produzione della società e che risulteranno poi trasferiti negli anni Cinquanta alla Falck che acquisirà l’intera area. 

Questo il quadro dettagliato, con le relative valorizzazioni contabili.

Fabbricati nuovi:

  • – magazzino metalli ed attrezzi                                  anno 1941                 £ 55.000
  • – locali forni, Nafta e sabbiatrici                                 anno 1942                £ 40.000
  • – Fabbricato sperimentale e garage                           anno 1942                £ 90.000
  • – ingrandimento uffici                                                   anno 1942              £ 100.000
  • – parapalle e rifugi                                                         anno 1942                £ 25.000
  • – Portineria, spogliatoi, deposito biciclette               anno 1942              £ 180.000
  • – Aviorimessa nuova                                                     anno 1942             £ 450.000
  • – Fabbricato mensa acconto                                                                         £ 80.000
  • – Casa del Dosso – per sfollamento impiegati acconto                           £ 30.000
  • – Modifica casa Campo Volo acconto                                                         £ 40.000
                                                                                                                              ========
    Totale                                                                                                          £ 1.090.000

Il Bettini precisa che : “Gli importi esposti, dai sommari accertamenti effettuati, sono inferiori ai costi effettivi di un 30/40%.

Nell’immagine databile 1943, che mostra il prototipo dell’aereo C.3 progettato da Ambrogio Colombo, si nota all’estrema destra la costruzione del nuovo hangar, uno dei due ancora oggi in piedi.

Seguono le indicazione degli adeguamenti apportati agli impianti e alle altre attrezzature aziendali:

Macchinari, attrezzi, mobili ufficio                                                                      £ 870.000

  • – Installati negli anni 1940-1941-1942 nuovi macchinari:
    torni, fresatrici, caldaia Cornovaglia, macchine da scrivere ed addizionatrici, per £ 500/600.000 circa, portati in evidenza per la metà circa.

Come possiamo vedere si era messo mano a buona parte degli immobili che componevano il complesso industriale.

In questa immagine (si tratta di una fotocopia della fotografia originale, di proprietà di Maria Bestetti) che risale al 1943, con il prototipo dell’aereo C.3. Possiamo apprezzare gli edifici dei due hangar edificati nel 1942, fugando qualsiasi dubbio sull’epoca di costruzione degli edifici oggi salvati dalla demolizione.

Vennero realizzate costruzioni direttamente collegate alla produzione, fra tutte nel 1942 l’edificazione della “nuova aviorimessa”, vale a dire i due hangar sopravvissuti ancora oggi, poi altri fabbricati catalogabili come infrastrutture, pensiamo allo spogliatoio, al deposito biciclette, ai rifugi per le eventuali attacchi aerei a cui il complesso industriale poteva essere esposto in tempo di guerra. Ancora gli accantonamenti per realizzare la mensa e modificare la palazzina storica del campo volo, cosi come quella “Casa del Dosso”, destinata a “sfollare” gli impiegati. Ipotizziamo possa essersi trattato della località, così denominata, di Velate, non sappiamo se la costruzione fu poi realizzata. In effetti Velate, era considerato un luogo abbastanza sicuro, scelto anche dalla famiglia Casati, proprietaria del San Martino, per ospitare alla “Cassinetta” appunto a Velate, la gestione amministrativa delle sue attività e proprietà, durante la guerra.

Due nuovi aerei: il C.3 e il Redaelli P.T.

In quel primo scorcio del 1943 due nuovi aerei, completamente diversi tra loro, iniziarono a volare per essere collaudati sul campo di aviazione della Bestetti.

Un primo progetto risaliva a qualche anno prima.

Nel 1938, l’ing. Ambrogio Colombo aveva progettato il bimotore C.3, un aereo da collegamento e turismo, in linea con un bando di concorso che venne emesso successivamente nel 1939. Dalle carte del mutuo I.M.I. emerge che la Bestetti aveva riconosciuto all’ing. Colombo la somma di £ 64.794 per lo studio del progetto dell’aereo.

Le grandi industrie del settore si disinteressarono al bando che tra l’altro subì continue modifiche alla specifica originale. Nonostante le limitate adesioni, il progetto del C.3 redatto presso l’Ufficio Tecnico, a Milano, di Colombo, era valido e bene impostato, perciò venne ugualmente autorizzata la costruzione del prototipo, affidata alla Bestetti, malgrado i quattro anni trascorsi dalla emissione del bando originale. In questo lasso di tempo purtroppo il progettista era tragicamente deceduto nel collaudo di un aereo l’8 marzo 1939. La prosecuzione dei lavori venne affidata all’ing. Ermanno Bazzocchi.

Gli obbiettivi erano di realizzare un aereo con caratteristiche di “addestratore militare” per gli equipaggi dei plurimotori. Durante la costruzione del velivolo si inserì anche un programma di messa in opera e valutazione di nuovi comandi elettrici di concezione tedesca per la successiva adozione da parte della Regia Aeronautica. Un bombardamento sugli stabilimenti Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco impedì la fornitura dei propulsori A.R. 111 da 155 CV previsti. Anziché esemplari di serie, l’Alfa Romeo forni provvisoriamente due prototipi utilizzati per le prove al banco, cosicché nel corso dell’estate 1943 il collaudatore Paolo Cisaro poté effettuare ad Arcore il primo volo, del quale emersero la ottime doti del velivolo, ma poco tempo dopo un grave incidente dovuto all’incendio in volo di un motore, già logorato dall’uso precedente, determinò l’esplosione dell’unico prototipo. Dei quattro occupanti, tre riuscirono a lanciarsi mentre il disegnatore Ghiringhelli perse la vita avendo urtato violentemente contra i piani di coda dell’aereo in fiamme ed essendo rimasto ad essi impigliato col paracadute. Questo incidente e il successivo armistizio impedirono ulteriori sviluppi del programma.

Il secondo aereo, ci riconduce ad una vecchia conoscenza, quel Cesare Redaelli, che molto probabilmente era stato, dopo la Prima Guerra Mondiale, il promotore dell’esperienza aviatoria della Bestetti di Arcore.

Ai primi del 1943 era stato ultimato il P.T.(Piccolo Turismo), leggero e minuscolo monoplano ad ala bassa a sbalzo, monomotore, monoposto, progettato da Cesare Redaelli.
Macchina semplicissima, caratterizzate da bassi costi di acquisto e di esercizio e da una struttura prevalentemente lignea, la creatura del Redaelli fu definita “Motovelivolo” dalla stampa dell’epoca, quasi a significarne la collocazione intermedia tra l’aliante motorizzato e il velivolo da turismo. Essa abbinava dimensioni minime con linee di ottimo avviamento aerodinamico, mentre l’apparato propulsore era costituito dall’originale Taveggia a due cilindri contrapposti da 15 CV, progettato da Egidio Tavaggia nell’anteguerra è già collaudato su due delle “Pou de Ciel” costruite amatorialmente in Italia. 

Il P.T. (Piccolo Turismo) progettato da Cesare Redaelli, che posa accanto al prototipo nel campo di aviazione della Bestetti, è il 1943

Il Redaelli P.T. effettuò il primo volo ad Arcore il 12 febbraio 1943 con lo stesso Redaelli ai comandi. Andò tuttavia distrutto in un incidente nel successivo mese di marzo, per cui non venne mai omologato né immatricolato. Mancano inoltre precise notizie sul suo rendimento, considerati i pochissimi voli compiuti, Aveva una superficie alare di 16 mq, un’apertura alare di 9,40 m è una lunghezza di 8,45 m. Pesava al decollo 320 kg è raggiungeva i 150 km/h. La difficile situazione dell’anno 1943 ne determinò l’abbandono.

Le conclusioni sull’accertamento dell’esposizione finanziaria

Abbiamo ancora, dalla visita all’azienda voluta dall’I.M.I., all’inizio del 1943, altre importanti informazioni sul carico di lavoro che  vantava la Bestetti, e allo stesso modo rendersi conto dei lunghi tempi di pagamento imposti dal Ministero dell’Aeronautica, che costringevano la società arcorese ad esporsi pesantemente con le banche.

Questa era stata la situazione certificata, per l’anno 1942, dei lavori effettuati dalla Bestetti:

La prima registrazione, per un ammontare di £ 5.335.000, si riferiva ai lavori in corso per il Ministero dell’Aeronautica, in parte già consegnati, ma per i quali non era ancora stata prodotta la fattura perché le commesse non erano completate. Per la parte del lavoro già consegnato, la ditta aveva ceduto i mandati di pagamento, per la cifra di £ 4.300.000, alla Banca Popolare di Novara che aveva anticipato alla Bestetti tale importo.

Poi un importo di £ 4.309.000 per lavori, sempre relative a commesse per il Ministero dell’Aeronautica, consegnati, ma non fatturati. Anche in questo caso la Banca Popolare di Novara aveva anticipato £ 3.200.000. Il quadro si completa con altre £ 1.030.000 per commesse, per il Ministero dell’Aeronautica, che risultavano già fatturate, con la solita Banca Popolare di Novara che aveva anticipato £ 660.000.

Il 9 aprile del 1943 il ragionier Bettini andava concludendo la sua relazione sulla situazione della Bestetti segnalando che il fatturato presunto per l’esercizio in corso, nel 1943, era stimato in £ 20.000.000. Gli operai presenti l’8.4.43 erano n. 500, gli impiegati erano 46, oltre a 12 impiegati e 8 operai a carico del Ministero dell’Aeronautica.

Ancora Bettini rilevava la difficoltà, dato il sistema contabile seguito dalla ditta, per determinare gli incrementi patrimoniali consolidati dalla data della concessione del mutuo (28 marzo 1940) all’aprile del 1943. In base agli elementi raccolti stimava gli stessi superiori, di parecchio, al milione di lire, incremento determinato dal reimpiego degli utili reali conseguiti nei due anni (1941-42 ). Evidenziava, poi, la situazione contabile, nel confronto tra il  31.12.1938, quando il capitale netto ammontava a £ 2.672.700 e il 31.12.42 con un capitale di £ 3.856.099,85. Terminava con indicare il dato che più stava a cuore all’I.M.I., gli scoperti in conto corrente erano scesi da £ 1.239.969,85, registrate il 31.12.40, a £ 684.036,25  con il rilevamento del 31.12.1942.

La Bestetti e la mutua aziendale

Abbiamo recuperato questa interessantissima fotografia dell’interno di una degli hangar Bestetti. Tra il personale ripreso possiamo ipotizzare che ci fossero anche componenti della famiglia Bestetti. Invitiamo, chi fosse in grado di riconoscere qualcuno dei personaggi fotografati, a farcene partecipi.

Le maestranze della Bestetti in una foto inedita, anno imprecisato

Cerchiamo comunque di fornire qualche indicazione sull’immagine fotografica. Possiamo supporre che il luogo sia da ricondurre all’hangar principale della Besetti, tra quelli realizzati in origine con le campate triangolari. Alle spalle delle maestranze un aereo che non sappiamo identificare, chi aveva dei dubbi che in quei capannoni potessero essere accolti degli aerei, può verificare come lo spazio fosse sufficiente. La curiosità nell’aereo appeso al soffitto. Si tratta del modello denominato “Vampiro” progettato dall’ing. Sarri negli anni Venti, di cui abbiamo parlato in una puntata precedente.

Continuiamo, con l’osservare lo stendardo al centro dell’immagine, che ci permette di commentare un’altra particolarità delle attività collaterali a quella imprenditoriale della Bestetti. Sul drappo si legge ” Mutua aziendale Carlo Bestetti Arcore”. A partire dal 1926, quando a seguito della crisi economica anche l’assistenza sanitaria era stata soggetta a dissesti finanziari, il regime fascista aveva istituito casse mutue aziendali, interaziendali, e di categoria, nel quadro della politica cosiddetta corporativa, dando vita ad un sistema assicurativo previdenziale in grado di assicurare, tra l’altro, l’assistenza sanitaria ai lavoratori. Poi nel 1939, con l’entrata in vigore del “Contratto collettivo nazionale per la disciplina del trattamento mutualistico di malattia degli operai dell’industria”, fu consentito che le “mutue aziendali”, dove già esistevano, potessero continuare il loro compito, solo se il numero d’iscritti fosse superiore alle 700 unità. Alla luce di queste indicazioni pensiamo di collocare lo scatto tra la fine degli anni Trenta e i primi del decennio successivo. Ripeto, potrebbe essere interessante riconoscere qualcuno dei personaggi ritratti, per una più precisa collocazione temporale della fotografia.

L’Italia divisa in due: 8 settembre 1943

La tragica avventura della guerra, che come abbiamo visto, aveva consentito un importante sviluppo industriale della Bestetti, iniziava ora inesorabilmente a presentare il suo pesante conto. Con la più stringata sintesi, questi i fatti a certificare il fallimento del ventennio fascista e di chi aveva condiviso e sostenuto tanta scellerataggine:

Il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio del fascismo toglieva la fiducia a Mussolini e il re lo faceva arrestare; lo sostituiva il Maresciallo Pietro Badoglio, che annunciava: “La guerra continua”.

L’8 settembre veniva annunciata la firma dell’armistizio con gli angloamericani: la mancanza di ordini chiari da parte dei vertici portò alla dissoluzione delle nostre forze armate, mentre il re e Badoglio fuggivano a Brindisi.

Le colonne tedesche affluivano ad occupare l’Italia, e Mussolini, il 12 settembre, veniva liberato dal Gran Sasso: pochi giorni dopo fondava la Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.), con sede a Salò, sul Lago di Garda.

Il 13 ottobre 1943, il Regno del Sud Italia, dichiarava guerra alla Germania, con la speranza di liberarsi al più presto dell’oppressore tedesco e del cupo collaborazionismo fascista.

Iniziava così, nel nord Italia, un periodo particolarmente difficile, nel quale l’aspetto più drammatico fu la guerra civile, tra coloro che avevano accettato di collaborare con il governo fascista di Salò e quanti si opponevano.

Da un punto di vista pratico, al di là dei fatti legati alle iniziative dei partigiani, che più o meno organizzati, compivano azioni di guerriglia, contro le istituzioni, le strutture pubbliche e quelle private, con l’intento di liberarsi dei nazi-fascisti, un capitolo abbastanza sviscerato e dibattuto, ci siamo chiesti quali fossero state le conseguenza, o meglio comprendere la gestione di tutto l’apparato produttivo del nord Italia, con l’avvento della Repubblica di Salò e soprattutto del nuovo status dei nostri territori, che i tedeschi di fatto occupavano militarmente. Nel discorso che stiamo conducendo, sull’attività imprenditoriale della Bestetti, la prima domanda che ci siamo posti è stata di individuare quale sorte fosse occorsa all’importante mole di lavori, fatti dall’azienda e non ancora pagati dopo quell’8 settembre 1943.

L’attività industriale della Bestetti tra Repubblica Sociale e occupazione tedesca

Un interessante saggio di Paolo Ferrari e Alessandro Massignani, dal titolo “Industria ed economia bellica dal punto di vista dell’occupante tedesco” ha soddisfatto i nostri quesiti. Nelle righe che seguono estrapoliamo alcuni concetti, che ci servono per inquadrare la situazione contingente della Bestetti, mentre rimandiamo al link per una trattazione, anche questa sintesi del lavoro citato, che tuttavia da più respiro e completa il quadro economico organizzativo in cui si trovò l’industria dell’Italia del nord dal 1943 al 1945.

Nei primissimi giorni dopo l’8 settembre, ad una indecisione da parte della Germania su cosa fare dell’industria del nord Italia, depredarla e condurre le maestranze più qualificate verso la Germania, il quadro di comando delle truppe di occupazioni preferì continuare a pieno ritmo la produzione bellica sul territorio italiano. Confermando di fatto quanto l’industria italiana aveva fatto sino ad allora per il Reich, al 10 giugno 1943 le commesse tedesche ammontavano a ben 4 miliardi e 224 milioni di lire.

Di capitale importanza risultò la decisione, a fine ottobre 1943, quando il maggiore generale, Hans Leyers, plenipotenziario per l’Italia e la Banca d’Italia di Milano si accordarono per assimilare le commesse del RuK (Direzione generale degli armamenti e produzione bellica tedesca) a quelle del governo della Rsi.
Questo sbloccò la situazione, consentendo alle ditte di rimettersi al lavoro, di pagare le maestranze e i fornitori e di ricevere commesse dal RuK. 

1944 la Bestetti preda di attacchi partigiani

Nel 1943, la Bestetti era stata inclusa nel programma di produzione in gran serie del S.A.I. 207, programma poi annullato in favore del S.A.I. 403. La mutata situazione impedì alla Bestetti di dare seguito a questo sviluppo. 
Dopo l’8 settembre l’attività, della società arcorese, si indirizzò alla revisione e riparazione dei velivoli dell’aeronautica Nazionale Repubblicana.

All’inizio di quel 1944 la I.M.I. che aveva spostato la sua sede da Roma a Meina, al seguito della Repubblica di Salò, chiede aggiornamenti alla Bestetti, per sapere se gli eventi bellici avessero prodotto danni all’operatività aziendale. 

Angelo Bestetti, alla fine di febbraio del 1944, compila i moduli e fornisce informazioni sulla produzione aziendale, indicando un fatturato di 6.500.000 di lire, riconducibili al secondo semestre del 1942, per lo stesso periodo nell’anno seguente, 1943, denuncia un fatturato di 7.500.000 lire e che alla fine del 1943 avevano ancora da evadere ordini per 3.000.000 di lire. La situazione degli occupati si era contratta, dai 440 del dicembre 1942, ai 229 del dicembre 1943. Conclude informando che .“Lo stabilimento lavora ora quasi esclusivamente per l’Aeronautica Germanica per riparazioni aeroplani e parti di ricambio”

La lettera d’accompagnamento al breve questionario richiesta dall’I.M.I. a febbraio del 1944

In particolare la Bestetti provvedeva ad aggiornare i velivoli noti come SM 79.

La presenza dei trimotori S.I.A.I. alla Bestetti era dovuta ad un particolare contratto di lavorazione che prevedeva la trasformazione degli SM.79 bis III con lo scopo di renderli particolarmente idonei al siluramento e di ottimizzarli ad operare nell’ambito della Luftwaffa (aviazione tedesca). Oltre all’eventuale installazione del motori Alfa 128 in sostituzione degli Alfa 126 ancora presenti in alcune serie, venivano rimosse la gondola ventrale con relativo armamento e le installazioni fotografiche. Sottoposti ad innovazioni erano i serbatoi, il dispositivo di aggancio siluri, l’impianto radio, le blindature.

Un SM79 bis del tipo degli aerei che venivano aggiornati dalla Bestetti nello stabilimento di Arcore

La convinzione, che lo stabilimento potesse essere oggetto delle intenzioni partigiane di compiere sabotaggi, dirige prudentemente la Bestetti, forse anche su suggerimento del comando tedesco, a spostare parte delle lavorazioni più sensibili in un luogo più facilmente sorvegliabile e meno aperto, vista l’estensione del grande campo volo, non facile da presidiare. La scelta si orienta verso Villasanta in alcuni immobili presi in affitto dalla “Ditta Piazza”. Sempre Angelo Bestetti, da comunicazione, è il luglio del 1944, all’I.M.I., che naturalmente continua ad avere diritto d’ipoteca sulle proprietà Bestetti, e dunque sui macchinari trasferiti.

la comunicazione, inizio luglio 1944, dei macchinari, spostati a Villasanta negli immobili affittati dalla “Ditta Piazza”

Intermezzo

A proposito della decisione di sfollare parte della produzione in luoghi protetti, ci conduce alla testimonianza che proponiamo di seguito di Tonino Sala che racconta della rimessa, all’interno della proprietà d’Adda-Borromeo, in cui si stava sviluppando un nuovo modello di aereo.

Racconti e memorie di Tonino Sala

La guerra: tra “sfollati” e lezioni private

Quando nel ’43 cominciarono in modo serio e continuo gli attacchi aerei su Milano, e i bombardamenti causarono crolli e incendi, si verificò il fenomeno dello sfollamento. I cittadini si trasferirono armi e bagagli in campagna non disdegnando di occupare anche quelle costruzioni che in Brianza vanno sotto il nome di “casot”. Anche da noi il fenomeno fu rilevante: parentele e non, trovarono alloggio in subaffitto riempiendo cascine e cortili.
Anche nella cosiddetta portineria D’Adda (quella che è oggi la sede comunale) furono alloggiate famiglie sfollate. Proprio nell’appartamento sopra l’arco di sinistra, proveniente da Milano, grazie a una lontana parentela arcorese, trovò dimora un impiegato della “Bestetti”, sfollato ad Arcore con tutta la famiglia: i Beretta, madre, sorella, moglie e tre figli, due femmine e un maschio. Madre e sorella erano andati ad abitare in quella villa dei Beretta(?), alla stazione, oggi demolita e sostituita da un condominio, però, ogni mattino, puntuali si riunivano al resto della famiglia. Il figlio frequentava l’ultimo anno di ragioneria a Monza. La figlia maggiore, Camilla, faceva la sarta, lavorava e riceveva le clienti in casa; nello svolgere la sua professione era coadiuvata da due ragazzine, abitanti nelle dipendenze coloniche della proprietà, figlie di lavoranti, giardinieri-coloni, occupati nella manutenzione continua di flora, viali e sentieri di Casa D’Adda (ricordo vagamente la figura di una di queste: Paolina, perché aveva lo sguardo un po’ sbilenco, tanto che sembrava dover piegare la testa di lato per mettere a fuoco le cose). La figlia minore, Carla: capelli neri, occhi grandi, bocca generosamente dipinta perennemente improntata al sorriso, veramente una simpatica bellezza – che non mancava di attrarre i mosconi dell’élite arcorese che gravitavano attorno all’Albergo nell’entourage dell’Angiolino – maestra elementare, fresca di diploma, si arrabattava per dare ripetizioni o avere qualche supplenza.

Eravamo sul finire dell’estate ’44, terminato positivamente il primo anno del corso di avviamento commerciale, in famiglia si doveva decidere se e dove regolarizzare l’iscrizione per procedere con gli studi. Probabilmente il consiglio di famiglia decise che, vista la situazione: mitragliamenti e bombardamenti, irregolarità dei trasporti, difficoltà nella gestione del pranzo, forse sarebbe stato meglio trovare una soluzione diversa alla frequenza a Monza. Non so né come né chi suggerì una preparazione privata e la presentazione agli esami come privatista. E così fu. Chi mise in contatto mia madre con la maestra Beretta non lo so, un giorno si presentò in casa nostra per un colloquio preliminare e per gli accordi e l’anno scolastico iniziò anche per i du giumei riszulet.
Quotidianamente la maestra ci riceveva in casa dove aveva attrezzato un tavolino a cattedra e banco di scuola, e gomito a gomito ci veniva impartito l’insegnamento. L’accesso all’appartamento, per chi non vi abitava, non era dei più facili in quanto ci era vietato passare dalla portineria posta a lato destro della struttura, ed altresì vietato entrare dal cancello anche se questo era aperto; i portinai, titolari e figli, rigidi depositari della norma, imponevano la loro autorità perché questa fosse rispettata. L’accesso regolare per noi era posto a lato della strada per Peregallo.
L’entrata, a un cortiletto interno, selciato a rizzo, era chiusa da un grande portone di legno dipinto in azzurro, nel quale era ricavato un portello per il quale si accedeva al cortile in comunicazione attraverso l’arco con il grande parterre della portineria. Da qui, all’angolo sinistro dell’arco, una porta immetteva su una ripida scala che portava all’appartamento dei Beretta.

Un progetto da sviluppare in un luogo sicuro

Tutta la chiacchierata precedente per spiegare il come e il perché venni a conoscenza dell’esistenza nel cortiletto di un micro hangar, succursale di Bestetti, ricavato nella rimessa carrozze della villa, nel quale due operai lavoravano a costruire un aereo. Il più anziano, Battista X, era di Lesmo, l’avrei incontrato qualche anno dopo nei capannoni della Bestetti diventata Astra, in funzioni di capetto. Il più giovane dei due era un Magni di Bernate (Magni Arturo, se non il primo, uno dei primi arcoresi cultori di aeromodellismo; dopo la crisi del dopoguerra abbandonato Bestetti era approdato al reparto corse della Gilera da dove aveva asportato e, forse, contrabbandato (?) la tecnologia della “quattro cilindri” passando alla MV Agusta di Verghera, poi alla Guzzi, e, infine, si era messo per conto proprio, modificando e producendo modelli particolari di motociclette tuttora sul mercato. Internet gli dedica parecchio spazio). In quella specie di rimessa, fra attrezzature varie, sagome di centine, listelli, compensati e barattoli di vernici, per la prima volta sentii parlare, senza capirci niente, di portanze, altimetri, sbandometri, bussole giroscopiche, ecc.

Una inedita e interessante foto, ritrae il velivolo EB-4 che viene trasportato verso il campo di aviazione della Bestetti, a fare da traino una coppia di biciclette. Uno dei due personaggi potrebbe essere Arturo Magni che realizzò l’aereo su progetto di Ermanno Bazzocchi. Il luogo ripreso, come racconta Tonino Sala, si trova all’interno della proprietà d’Adda-Borromeo, oggi sede del Comune di Arcore

Tornando all’aereo, ricordo che aveva le ali ripiegabili alle estremità delle quali, ortogonalmente al piano, era posta una specie di tavola circolare. Dai discorsi che facevano i due specialisti sembrava che il modello fosse di una concezione totalmente nuova tanto da prendere il volo in modo anomalo rispetto alla normalità degli aerei. Periodicamente, accompagnato, tirato e spinto da persone in bicicletta, attraversando il paese, era portato al campovolo per prove e collaudi, quindi riportato in officina per modifiche e correzioni.
Nel bailamme della Liberazione quale fu la fine del velivolo non lo so, e non so se anche qui ci fu o meno lo sciacallaggio indiscriminato su attrezzi e materiali come era successo nelle officine di Bestetti.

20 ottobre 1944: attacco partigiano ed estinzione anticipata del mutuo  I.M.I.

Le precauzioni prese non impedirono ai partigiani della 103ª Brigata Garibaldi S.A.P. “Vincenzo Gabellini” di prendere di mira lo stabilimento la notte del 20 ottobre 1944 procurando considerevoli danni, distruggendo diversi aerei pronti alla consegna e danneggiandone altri. Rimandiamo al post dedicato al “Cippo dei Partigiani Vimercatesi” per una dettagliata descrizione degli avvenimenti.

Oltre all’incursione della Brigata Garibaldi, la stessa data registra l’estinzione da parte della Bestetti di quel mutuo decennale contratto con la I.M.I. e che era ancora lontano dalla sua scadenza naturale. Cerchiamo di comprendere la contemporaneità dei due eventi. Abbiamo fatto diversi supposizioni, senza una concreta certezza di come siano andate veramente le cose. Possiamo sostenere che i due eventi siano collegati vediamo ora in che modo.

Dalla documentazione dell’Archivio I.M.I., conservata nell’Archivio Storico Intesa Sanpaolo di Roma, non emerge alcuna notizia dell’attentato, circostanza abbastanza strana. La Bestetti, aveva stipulato assicurazioni, che coprivano le attivata aziendali e i danni, come documentato al momento della concessione del mutuo. Non sappiamo quali coperture assicurative fossero attive dopo l’8 settembre, con il nuovo corso della Repubblica di Salò, anche se possiamo ipotizzare che con il trasferimento dell’I.M.I. a Meina, territorio della RSI, la situazione non fosse cambiata.

La lettera inviata, il 6 dicembre 1944, dall’I.M.I. alla Bestetti in cui si conferma l’estinzione anticipata del mutuo

Tutte le proprietà Bestetti, immobili, attività industriale e non solo, risultavano ipotecate a garanzia del mutuo. Cosa dunque possa essere avvenuto? Abbiamo piena documentazione dell’estinzione del mutuo e di tutte le liberatorie fornite poi dall’I.M.I., quindi tutto seguì i crismi di una corretta procedura amministrativa. Possiamo aggiungere che alla data dell’aprile del 1943 la Bestetti doveva ancora all’I.M.I. la cifra di £ 498.210,35 che sarebbero scese alla fine di quell’anno a £ 464.417. Considerato che il mutuo concesso nel 1940 era di £ 635.000, la Bestetti nel corso di quattro anni aveva sborsato la cifra per ogni anno di circa £ 42.500. Mancava ancora cinque anni, prima della fine naturale del mutuo. Forse i Bestetti, per evitare clamori, visto che l’attentato era passato sotto traccia, anche se quel tacere era tipico del clima politico particolarmente pesante, in quel periodo, avevano preferito evitare denunce che avrebbero visto l’intervento diretto dell’I.M.I. e delle assicurazioni, preferirono chiudere la pendenza verso l’I.M.I. Come abbiamo visto in precedenza la situazione economica, con l’occupazione tedesca, aveva messo a disposizione tutte le risorse necessarie all’industria che sosteneva l’attività bellica della Germania. I pagamenti delle commesse erano onorati prontamente e probabilmente la società arcorese aveva ora disponibilità di cassa per estinguere il mutuo, e così nella particolare situazione venutasi a creare dopo l’attentato aveva fatto. I danni subiti non furono da poco e l’attività all’interno dello stabilimento fu interrotta per un mese.

29 dicembre 1944: il secondo assalto

Molto più cruento e dalle conseguenze drammatiche, sia per i partigiani protagonisti dell’assalto, sia per chi presidiava il complesso industriale, fu il secondo assalto alla Bestetti, il 29 dicembre 1944. Anche per questo secondo episodio rimandiamo al post citato in precedenza per la descrizione dell’accaduto.

Il luogo dove avvenne la fucilazione dei “Partigiani Vimercatesi” all’interno del campo volo Bestetti

Le nefaste conseguenze determinarono la morte del capo del “commando” assalitore, Iginio Rota e alla fucilazione di altri partigiani, che avevano partecipato all’azione. La sentenza fu eseguita proprio nel campo di aviazione della Bestetti il 2 febbraio del 1945.

L’ultimo progetto l’EB-4

E’ ancora Achille Vigna ad illustrarci l’ultimo aereo progettato e la costruzione del prototipo: “In quello stesso periodo venne portata a termine l’ultima realizzazione originale: l’EB-4, ideato da Ermanno Bazzocchi.

Durante la guerra la letteratura tecnica riguardante i “canard” e i carrelli tricicli era molto scarsa, quindi Bazzocchi dovette ingegnarsi per imparare attraverso la sperimentazione e gli errori. Progettò diverse versioni dell’EB-4, ne provò un paio di modelli aerodinamici nella galleria del vento del Politecnico milanese e finalmente, nel 1944, il progetto era pronto per la costruzione.

Inedita fotografia ritrae il campo aviazione Bestetti di Arcore. Il velivolo è l’EB-4 che viene collaudato da Arturo Magni, siamo ad agosto del 1944

Venne coinvolta la Aeronautica Bestetti, specializzata nella costruzione di alianti, che realizzò l’aereo in pochi mesi sotto l’assidua supervisione del progettista. All’inizio del 1945, col sostegno di Giovanni Caprotti il prototipo era pronto per essere provato e Bazzocchi stesso ne fu il pilota collaudatore. Fin dai primi rullaggi a terra si accorse di un errore di progetto: il carrello anteriore sosteneva una parte eccessiva del peso dell’aereo e ciò, unito al momento picchiante del motore collocato in alto sulla coda, rendeva quasi impossibile alzare il muso da terra. Dopo alcuni tentativi infruttuosi, Bazzocchi riuscì finalmente a staccare da terra l’aereo e a compiere un breve volo rettilineo ma all’atterraggio il muso si abbassò eccessivamente ed il carrello anteriore cedette. Fu riparato in pochi giorni e l’EB-4 portato di nuovo in volo ma la sfortuna si accanì nuovamente: si ruppe l’albero motore e dopo l’atterraggio il piccolo aereo venne definitivamente messo a terra. Poi la guerra fini è la successiva nomina di Bazzocchi alla direzione tecnica della Macchi determinò l’abbandono del velivolo
Nonostante tutto, l’esperienza dell’EB-4 fu utile a Bazzocchi per progettare correttamente il carrello triciclo della sua successiva creatura, l’MB-308, che divenne un aereo di grande successo. In seguito per interessamento del progettista, l’EB-4 é stato recuperato, quasi relitto ma ancora esistente presso la famiglia Bestetti, quindi restaurato è rimesso in efficienza dalla Macchi nel 1987, questa la versione di Achille Vigna. Altra fonte sostiene che: ” l’EB-4 è stato conservato per 40 anni in un angolo dell’Aero Club Varese, quindi restaurato a cura dei tecnici Aermacchi nel 1985 e conservato nel Centro Storico Aermacchi. Nel 1998 fu donato al Museo dell’ Aeronautica Militare Italiana, che lo ha sempre tenuto in deposito. Nel 2022 l’Aeronautica Militare lo ha affidato a Volandia, dove ha raggiunto in esposizione altri famosissimi aerei progettati da Bazzocchi e costruiti da Aermacchi: MB-308, MB-326 e MB-339″.

Dopo il 25 aprile

Pur esulando dal contesto che abbiamo trattato, vogliamo concludere con l’accennare a come l’Italia, dopo la guerra, abbia cercato la via della normalizzazione. Ricordiamo quella lunga divisione, che aveva vissuto il paese dal 1943 al 1945. Una parvenza di governo ufficiale al Sud, alla fine della guerra era primo ministro Bonomi e il nord Italia con la clandestinità del C.L.N.A.I. (comitato Liberazione Nazionale Alta Italia). Quest’ultimo prese le redini della situazione a Milano, capofila dell’Alta Italia, emanando le prime disposizioni, dopo la liberazione. Per quanto ci riguarda nell’ambito industriale possiamo sottolineare lo stato d’animo, non particolarmente astioso, del popolo milanese verso un certo tipo di padronato che aveva speculato sotto il regime fascista, è noto che, a Milano almeno, non si occuparono le fabbriche e tutto andò per il meglio per i vecchi proprietari, come dimostra l’accordo stipulato il 5 maggio fra industriali e rappresentanti della Camera del Lavoro. Tale accordo stabiliva che gli industriali avrebbero corrisposto ai loro dipendenti (operai e impiegati) un “premio della liberazione” nella misura di L. 5.000 ai capi-famiglia, 3.500 ai lavoratori non capi-famiglia di età superiore ai 18 anni, 2.000 ai lavoratori di età fra i 16 e i 18 anni e 1.500 ai minori di 16 anni. Il premio avrebbe dovuto essere uguale, a parità di altre condizioni, per gli uomini e per le donne. Inoltre dovevano essere corrisposte ai lavoratori 120 lire al giorno per le giornate insurrezionali 25-26-27-28-30 aprile (non il 29 perché era una domenica). Industriali e dipendenti avrebbero concorso ai premi per i Volontari della Libertà: i primi con 100 lire per ogni dipendente, i secondi con 50 lire a testa. Dal 25 aprile si intendevano cessati i contributi sindacali obbligatori. Gli operai avrebbero versato i contributi alle loro Leghe quando le avessero ricostituite. I contratti di lavoro esistenti restavano in vigore. 

Anche alla Bestetti, l’atteggiamento verso i titolari, non fu mai particolarmente ostile, si racconta, certo, della spoliazione e dello sciacallaggio indiscriminato su attrezzi e materiali che dovette subire la fabbrica. Non sappiamo se quanto prospettato in quell’accordo di maggio, fu poi elargito ai lavoratori arcoresi e più in generale dell’Alta Italia. 

Dopo una breve parentesi del Governo Parri, voluto dai partiti che appoggiavano il C.L.N., sei mesi dopo, con il Partito Liberale, che toglieva il suo sostegno a tale governo, la crisi che seguiva esprimeva il 10 dicembre 1945, il nuovo capo del governo, Alcide de Gasperi, fautore di quella “normalizzazione” di fatto tesa a riappacificare il paese, senza ricorrere ad eccessi di epurazione, che si erano paventati in quei primi momenti, dopo il 25 aprile.

Alla conclusione delle ostilità erano ancora in lavorazione, alla Bestetti, due SM.79. Durante la crisi dell’immediato dopoguerra, in relazione ai rapporti di lavoro esistenti con la S.I.A.I. fino a pochi mesi prima, la Bestetti diede segni di ripresa effettuando la conversione dei due SM.79 che aveva in hangar in velivoli da trasporto personalità (comunicazione d’officina datata 6 giugno 1945). Pochi altri velivoli dello stesso tipo furono poi sottoposti alla stessa modifica, tra cui le MM.21451 e 21352. La ripresa si limitò tuttavia a queste sole attività.

Ulteriori tentativi, ricordiamo al proposito uno dei primi post pubblicato sull’argomento, non ebbero successo e l’area industriale fu ceduta, ad inizio anni Cinquanta, alla Falck.

Per saperne di più

Fine 

Puntate precedenti