Bernate: lo scomparso Oratorio campestre di San Giacomo
Sul territorio di Bernate, per molti secoli comune autonomo, oggi frazione di Arcore, nella sua lunga storia, oltre alla Chiesa dedicata a Santa Maria Nascente e San Giacomo, ancora oggi officiata, ricordiamo l’esistenza dell’Oratorio campestre, dedicato sempre a San Giacomo, poi scomparso e delle cui vicende ci occuperemo in queste note.
Il vero intento è quello di individuare il luogo dove sorgeva l’oratorio. Per inquadrare la storicità del luogo, riporto quanto contenuto nella tesi di laurea (al link il lavoro completo) degli architetti Michele Romani e Mauro Saccani, presso il Politecnico di Milano nell’anno accademico 1996-97: “Dalla raccolta di scritti e documenti su Bernate non è stato possibile risalire a una data certa che identificasse l’origine di questo borgo. Certo è che una sua parte, forse riconducibile a una piccola cappella votiva, fosse già presente nel XIII secolo come testimonia un antico documento storico custodito nell’archivio parrocchiale di Arcore che cita: “Verso nord Bernate che, detto per inciso, a metà del 1200 aveva già una sua cappella”. Un altro documento rammenta il nome di Bernate parlando di un cappellano (1398).
Successivamente anche l’Arcivescovo Gabriele Sforza, a proposito di una visita presso tale cappella in loco di Bernati la definì “cappella per laycos”.
Anche nel libro di G. Dozio “Notizie di Vimercate e sua pieve, raccolte in vecchi documenti” del 1853, in cui, nel paragrafo dedicato al vico di Arcuri, all’interno del vasto sistema delle chiese minori e dei piccoli oratori che costellavano la campagna aperta, conferma l’esistenza di una antica chiesa proprio in prossimità di Bernate”.
Aggiungo solo che possiamo, con certezza, attribuire la proprietà dell’intera Bernate, nell’anno del censimento di Carlo V, 1558, a Teodoro d’Adda, come indicato nella pagina del citato catasto.
A questo punto non posso fare a meno di dirigermi verso il lavoro del geometra Francesco Besoldo, incaricato dal Governo Austriaco, che nei giorni dal 15 al 23 settembre 1721, si portò in quel di Bernate e armato della sua tavoletta pretoriana, tracciò la mappa del luogo. Lo scopo ultimo della ricognizione era indirizzato e redigere quel “Catasto Teresiano”, voluto dall’Amministrazione Austriaca in Italia, per dare vita ad una tassazione delle proprietà immobiliari, che fosse la più equa possibile. Ci piace sottolineare l’enorme aiuto che fornisce tale catasto nella ricostruzione storica che cercheremo di fare. Non dimentichiamo l’esattezza delle rilevazioni contenute nelle mappe prodotte durante il censo. Ci sorprenderà la precisione che possiamo verificare sovrapponendo la mappa del Settecento ad una di oggi. Cercheremo dunque questo oratorio negli estratti delle mappe di allora, che ci forniranno un preciso riscontro di quanto andiamo cercando.
Il secondo dei quattro fogli che compongono la mappa di Bernate riporta il centro dell’abitato e in alto sulla destra, si vede con chiarezza, il simbolo di un edificio religioso che non può che essere l’Oratorio campestre dedicato a San Giacomo.
La posizione della rappresentazione grafica dell’edificio, posta in diagonale rispetto alla via, non è casuale, e aggiunge un’ulteriore conferma della precisione del rilievo del geometra Besoldo. Come indicato da San Carlo Borromeo nel suo: “Instructionum fabricae et suppellectilis ecclesiasticae” (Istruzioni sull’edilizia e la suppellettile ecclesiastica), al capitolo X -La cappella maggiore- (quella che ospita l’altar maggiore) fornisce queste indicazioni: “Il sito di questa cappella si deve scegliere in fondo alla chiesa, in luogo alquanto elevato. La sua parte posteriore dovrà essere rivolta verso oriente…”. Questa scelta era determinata affinché il sacerdote, durante i riti, si rivolgesse verso est, in direzione di Gerusalemme (ricordiamo come prima del Concilio Vaticano II, il celebrante, in funzione della posizione dell’altare, volgeva le spalle ai fedeli presenti in chiesa, rivolgendosi, quindi, verso oriente). Come possiamo constatare l’abside dell’oratorio, secondo i dettami citati, dirigeva verso est.
La collocazione dell’edificio religioso era posta sull’attuale via San Giacomo, dove sorge l’omonima cascina. L’edificio rurale fu edificato poco dopo la metà dell’Ottocento.
La mappa stilata in occasione del censo noto come “Lombardo-Veneto” riporta la cascina tratteggiata a matita, ad indicare un’aggiunta successiva al momento del rilievo, anno 1855. Possiamo, con buona approssimazione, pensare l’edificazione della cascina tra quel 1855 e il 1873 data dell’ufficializzazione del censo. Il nome dato all’edificio “Cascina San Giacomo” rimanda all’antico Oratorio campestre, la cui memoria era ancora viva alla metà dell’Ottocento.
É ora tempo per indirizzarci su un’altra particolarità, che caratterizza il luogo. Sul lato opposto all’androne d’ingresso alla cascina una colonna votiva segna lo spazio. La tradizione vuole ricordare, in questa zona, la presenza di inumazioni di morti a causa di epidemie di peste, susseguitesi dal Trecento al Seicento.
Era consuetudine innalzare tali colonne, a ricordo di questi eventi luttuosi. In passato avevo supposto che questa colonna fosse stata posta a ricordare lo scomparso oratorio, ma poi ho dovuto abbandonare tale ipotesi. L’aggiornata convinzione si è materializzata dalla consultazione di un altro foglio della mappa “Teresiana”. É il foglio 1, che nel puzzle dei quattro pezzi che compongono la mappa di Bernate, va posizionato sopra al precedente foglio “2”, dando continuità alla rappresentazione grafica del territorio
Poco oltre l’Oratorio, sul nuovo foglio, si evidenzia la colonna votiva, che dunque nel 1721 coesisteva con l’edificio religioso.
Una ulteriore conferma della continuità della presenza della colonna votiva, da allora ai nostri giorni, si palesa nella semplice sovrapposizione della mappa del 1721 con la topografia odierna, in cui vedremo combaciare le due posizioni della colonna.
Una ipotesi sulla dedicazione a San Giacomo
Terminiamo queste note formulando una possibile tesi sulla dedicazione dello scomparso oratorio. É solo un’ipotesi che si poggia su indizi documentati, senza tuttavia avere la pretesa di giungere a conclusioni assodate. Andiamo al 1559 e alle proprietà del Monastero Benedettino femminile dei S.S. Pietro e Paolo di Brugora, che si estendevano per oltre 700 pertiche, parte delle quali coprivano una vasta zona compresa tra la località Brugorella, oggi nel comune di Velate, per arrivare fino a Bernate. Ricordiamo poi la fondazione del Monastero ad opera di Eriberto Casati nell’anno 1102, che lasciò tutte le sue sostanze al cenobio. Tra i beni donati molto probabilmente c’erano i terreni che abbiamo illustrato appena sopra. Aggiungiamo un nuovo indizio rammentando come la dinastia dei Casati, avesse una particolare devozione per San Giacomo, venerazione ben illustrata a questo link.
Ora tornando a quel 1559, che si diceva, abbiamo notizia di uno scambio di terreni che si concluse tra il Monastero di Brugora e il nobile Teodoro d’Adda, che abbiamo visto unico proprietario dell’intera Bernate nel Catasto di Carlo V. I terreni che il Monastero cedette risultavano isolati all’interno della proprietà del d’Adda e la nostra attenzione si sofferma su quel “petia unam terre campi… ubi dicitur ad campum s.ti Jacobi…” (un pezzo di terra tenuta a campo che si dice campo di San Giacomo), per una estensione di 21 pertiche. Non abbiamo indicazioni di edifici religiosi, ma una così precisa indicazione non può che far pensare ad una prossimità del terreno all’oratorio dedicato a San Giacomo, senza escludere la possibilità che tale nome fosse derivato dal fatto che questo pezzo di terra dovesse servire per consentire la produzione del reddito necessario al mantenimento dell’oratorio stesso. Ipotesi quest’ultima che non esclude quella prossimità all’edificio religioso ipotizzata. Per chiudere il cerchio della tesi iniziale, possiamo pensare che sui terreni che erano stati dei Casati, gli stessi avessero edificato l’Oratorio dedicato al loro santo protettore. In seguito quei terreni, donati dai Casati, passarono nella disponibilità del Monastero e quindi con il cambio approdarono fra i beni di Teodoro d’Adda.
Aspetti, località e storia della Brianza. "Ci sono paesaggi, siano essi città, luoghi deserti, paesaggi montani, o tratti costieri, che reclamano a gran voce una storia. Essi evocano le loro storie, si se le creano". Ecco che, come diceva Sebastiano Vassalli: "E’ una traccia che gli uomini, non tutti, si lasciano dietro, come le lumache si lasciano la bava, e che è il loro segno più tenace e incancellabile. Una traccia di parole, cioè di niente".