Spigolature briantine
Riprendiamo il discorso sul San Martino proponendo quanto pubblicato in passato, circa la descrizione architettonica del complesso e le incerte fasi edificative e delle ristrutturazioni intervenute. Da guida il testo del volume “Ville della Brianza” Tomo I, autori: Pier Fausto Bagatti Valsecchi, Anna Maria Cito Filomarino e Francesco Süss. Per concludere presenteremo, come anticipato nella puntata precedente, un interessante lavoro, frutto di una ricerca fatta dagli alunni del corso “C” della “Scuola Media Stoppani”, nell’anno scolastico 1992-93, che raccontava dello stato e storia delle “Dimore Rurali” di Arcore, fra cui appunto la “Cascina San Martino”.
Da “L’Europeo” del 3 novembre 1946 una particolareggiata cronaca di un soggiorno di un personaggio di primissimo piano nella cultura italiana. Non sarà un caso isolato, Benedetto Croce era un frequentatore quasi abituale del San Martino. Ad ospitarlo Alessandro Casati.
CROCE AD ARCORE
LA MATTINA LAVORAVA NEL POMERIGGIO BEVEVA IL CAFFE’ E RICEVEVA I VISITATORI
ARCORE. novembre
BENEDETTO CROCE HA PASSATO UNA SETTIMANA ad Arcore, qualche chilometro oltre Monza, ospite del conte Alessandro Casati. Croce era arrivato da Firenze, in automobile. Prima della guerra Croce veniva a Milano due volte all’anno, fermandosi sempre in casa Casati: in primavera nel palazzo di via Soncino, ora distrutto dalle bombe, in autunno ad Arcore. Croce e Casati sono amici da quasi cinquant’anni. La villa di Arcore è di stile tardo Settecento con un giardino di querce e faggi; l’arredamento delle camere è ottocentesco, Ad Arcore, Croce ha la sua camera fissa, verso il giardino, con le rose rampicanti sulla facciata, la scrivania in buona luce. Quest’anno Croce ha trascorso le sue vacanze ad Arcore lavorando e leggendo in camera sua per tutta la mattina; il pomeriggio, com’egli ha detto “se lo faceva regolare da Casati”. Ogni pomeriggio veniva gente a trovarlo: in treno, in automobile, in bicicletta. Croce riceveva insieme ad Alessandro e Leopolda Casati nella sala a pianterreno piena di libri. Sul tavoli mazzi di fiori autunnali e ritratti del figlio Alfonso che Croce vide giocare per molti anni di seguito nel giardino di Arcore. Alfonso è morto combattendo con l’ottava armata. Mentre i visitatori bevevano il tè, Croce si faceva portare una tazza di caffè ristretto e fumava qualche sigaretta leggera.
Ad Arcore Croce non si scostò dal suo consueto regime di vita; andava a letto alle dieci di sera, mangiava poco, lamentandosi tutt’al più di non avere spaghetti due volte al giorno, a pranzo e a cena. I visitatori lo trovarono ringiovanito, conversatore sempre più brillante, arguto, pronto a raccontare barzellette. Ad un gruppo di amici disse di essere convinto che, come operazione politica, l’unione con forze vaste sarebbe utile al partito liberale, dal quale lui in tal caso si dimetterebbe. A Gaetano Baldacci consegnò per la Rassegna d’Italia un articolo molto severo sul Golia di G. A. Borgese. Alcune signore milanesi furono meravigliate di udire Croce parlare per più di mezzo ora sui poeti milanesi dell’Ottocento, citando a memoria tanti brani di poesie.
Croce ha ricevuto, tra gli altri, Francesco Flore, Giovanni Cassano ro, Angelo Magliano. E’ venuto a Milano un paio di volte per visitare la sede del partito liberale e per far colazione in casa d’amici. Alla fine del suo soggiorno, è partito per Torino.
Per iniziare un doveroso omaggio agli autori del lavoro sulle “Dimore rurali” realizzato nell’anno scolastico 1992-1993 dal corso “C” della Scuola Media Stoppani di Arcore.
Proponiamo la ricerca utilizzando il testo originale del lavoro, apporteremo qualche aggiunta o sostituiremo qualche contributo grafico, segnalandolo. Sono parti del lavoro che per vari motivi, al momento della realizzazione della ricerca, non era stato possibile rendere al meglio. In ogni caso al link troverete il lavoro così come era stato realizzato all’epoca.
NOTIZIE STORICHE SUL MONASTERO DI S. MARTINO
Il complesso chiamato S. Martino raggruppa edifici vari e con diverse funzioni. Attualmente esso é costituito da una villa di proprietà privata, da tre corti con varie strutture rurali e da un’ampia proprietà terriera che si estende a ovest del complesso. La parte presa da noi in esame è quella degli edifici rurali. Innanzi tutto va detto che tali edifici risalgono ad epoche storiche diverse, come testimoniano le mappe catastali, le murature, le stratificazioni leggibili in alcuni punti e le diverse tipologie delle corti e degli edifici abitativi.
Il primo nucleo del complesso del S. Martino risale ad un monastero di cui si parla in documenti che risalgono al XIII secolo e citati nelle “Notizie di Vimercate e sua pieve” raccolte su vecchi documenti da G.Dozio (Milano 1853) ed esattamente:Goffredo da Bussero nel suo Codice (sec.XIII) parla della “Ecclesia S.Martini in burgo Arcuri … ” con altare di S. Biagio; nella “Notitia cleri Mediolanensi de anno 1391” si parla di “Monasterium S. Martini de Arcuri”. Nello “Stato” o “Catalogo delle Chiese e Monasteri” compilato verso il 1466, quando il duca Francesco Sforza stava costruendo l’Ospedale Maggiore, si parla nuovamente del “Monasterium Sancti Martini de Arcuri”.
Il Dozio parla di due monasteri benedettini ad Arcore, il primo dedicato a S.Martino “sorge a pochi passi dal villaggio verso ponente dove ai dì nostri sta ancora quella chiesa, ristorata e ridotta afarne una moderna”.
Nei documenti citati nelle “Memorie di Monza e sua corte” raccolte da A. F. Frisi nel 1794 (Vol. II pag. 202), vi è la bolla di Papa Callisto III diretta all’Arciprete di Monza per la soppressione del monastero di S. Martino di Arcore e per la di lui unione al Monastero di S. Maria Ingino di Monza nell’anno 1455. Il Pontefice annui all’annessione con la Bolla del 1455 a condizione però che la chiesa di S. Martino fosse: conservata al divino culto.L a presenza dell’altare barocco con una pala dedicata a. S. Martino attribuibile alla cerchia del Cerano e datata 1605, fa pensare ad un restauro in quell’epoca, cui si sovrappose ulteriormente quello ottocentesco.
La planimetria di tale monastero é individuabile chiaramente in un foglio della mappa così detta teresiana del 1722, custodita all’Archivio Storico di Milano.
Le notizie sul monastero sono tratte da “Ville della Brianza” tomo l, autori P. F. Bagatti Valsecchi, A. M. Cito Filomarino, F. Süss ed. Sisar Milano 1978
In questa mappa catastale il monastero presenta una forma non del tutto regolare con una struttura a U rivolta verso il paese. Il monastero sorge intorno a un cortile quadrato, forse un chiostro; di fronte sorgono altre due strutture longitudinali che introducono a una corte più ampia. Sul lato ovest si evidenzia una altra struttura.
A nord lo spazio è chiuso da un edificio con le stesse forme dell’attuale parte abitativa della prima corte.
La via che porta al monastero è una diramazione della strada che unisce villa d’Adda a Peregallo.
tutto il Monastero è circondato da terre coltivate (aratorio) con piante di gelso (moroni).
Questa carta topografica incisa dal tenente geografo G. Brenna. intorno al 1848, in scala I:25000, ma qui ingrandita, mostra ben visibile la “Villa Giulini”e la corte rurale “S. Martino”.Essa mostra già la planimetria attuale.
In questa mappa il complesso del S. Martino si vede solo parzialmente.
A sud si intravede una parte della villa Casati.
“La villa probabilmente acquistata dallo storico conte Giorgio Giulini (1714-1781) e da lui trasformata passò ai Casati per matrimonio di Anna Giulini Della Porta con Camillo Casati nel quarto decennio dell’Ottocento e alla fine di quel secolo al ramo dei Casati Stampa di Soncino” (“Ville della Brianza” op. cit. ) A nord la villa è unita direttamente alla corte rurale.
E’ importante notare la trasformazione della villa d’Adda nelle forme ancora visibili attualmente.
La strada che porta alla villa Casati parte direttamente dal viale d’accesso alla villa d’Adda e forma un cannocchiale ottico che oltrepassa l’edificio nel salone a piano terra e prosegue nel giardino con un doppio filare di alberi fino al Lambro.
Questa mappa mostra alcune differenze, anche se non sostanziali, rispetto alla mappa precedente. Si notano più chiaramente le due ali ad U della villa e la parte rurale è staccata, tale modifica fu forse attuata dopo il passaggio della proprietà al ramo dei Casati Stampa di Soncino, avvenuta alla fine dell’Ottocento.
NOTA REDAZIONE: Le osservazioni sulla parte “staccata” sono state indotte, probabilmente, dalla mancata presa visione della mappa completa.
In questa mappa alle strutture precedenti si aggiungono a nord altre due strutture longitudinali parallele alla corte la prima struttura corrisponde all’attuale stalla mentre l’altra corrisponde alla terza corte.
Non sono ancora presenti gli edifici rustici che chiudono attualmente l’ultima corte a nord.
N.B. Nelle mappe del 1850, del 1897 e del 1920 il complesso del S. Martino è parziale perché la parte corrispondente ad ovest appare disegnata su altri fogli non in nostro possesso.
Gli edifici rurali sono posti su una breve diramazione della via S. Martino, alla sinistra della villa e su questa strada privata si collocano gli ingressi.
Fino a qualche anno fa, quando la terza corte era abitata dalla famiglia Teruzzi che si occupa della coltivazione della proprietà terriera e della stalla, la strada si collegava alla via Monte Rosa mentre attualmente il passaggio è stato chiuso.
La prima corte, la più antica, è stata probabilmente costruita nelle sue parti più vecchie, parallelamente alla villa; è costituita sulla destra da un lungo edificio a tre piani, il piano terreno e il primo piano si aprono su un porticato sorretto da pilastri quadrangolari e sono coperti dalla lunga falda del tetto molta spiovente. Al di sopra di essa si alza l’ultimo piano.
A metà dell’edificio c’è la scala d’accesso ai piani superiori e uno stretto passaggio alla corte intermedia.
A sud vi sono edifici a uno o due piani con andamento irregolare, in parte abitati e in parte adibiti a garage. Il fondo della corte, verso ovest, è chiuso da un lungo edificio.
La corte intermedia ha l’entrata ad est e un’uscita a ovest verso i campi.
A sud vi è la parte posteriore dell’edificio della prima corte e lo spazio è chiuso parzialmente da costruzioni basse utilizzate attualmente come ripostigli e garage. A nord si trova la stalla.
La terza corte, costruita parallelamente alla stalla e all’edificio abitativo della prima corte, ha un ingresso parzialmente chiuso in entrambi i lati da edifici adibiti a ricovero di animali e di attrezzi agricoli.
A sud vi è la stalla che occupa anche parte del lato ovest, lasciando un passaggio per la campagna.
A nord si susseguono un edificio e un capannone per il ricovero di attrezzi e di animali e più avanti la lunga costruzione adibita ad abitazione per i contadini.
Sulla destra della strada vi é una piccola casa una volta destinata a forno e costruzioni per usi vari.
Il prospetto generale est si presenta composto da edifici di diversa altezza.
Partendo da destra si vede un cancello che dà l’accesso al giardino della villa, accanto un muro di cinta e di seguito la parte abitativa della prima corte. Tre altezze diverse caratterizzano questo edificio nella cui parte centrale, più bassa, si apre l’ingresso. Esso è formato da un grande arco ribassato che crea un androne attraverso il quale ai passa all’interno.
Tutto il rivestimento della facciata è intonacato di rosso.
La parte sinistra, leggermente più alta della parte centrale, ha una copertura a due falde ed è alleggerita da finestre che hanno gli infissi dipinti di verde. La parte destra è più alta rispetto alle altre due e su di essa si aprono altre finestre. Di seguito un muretto delimita l’ingresso alla corte intermedia. Dove termina il muretto si vede il prospetto sud della stalla con copertura a due falde e un’ apertura sulla parte sinistra. Un albero quindi separa questo edificio dalla stalla della terza corte che a sua volta è caratterizzata nella parte superiore da una grata formata da mattoni disposti a croce.
E’ presente poi uno spazio che fa da ingresso alla terza corte e di seguito un’altra stalla con le stesse caratteristiche della precedente anche se sulla parte destra presenta la porta di un garage.
Una tettoia con copertura ad una falda per il riparo degli attrezzi agricoli chiude il prospetto generale e gli alberi arricchiscono infine il paesaggio donando un po’ di verde.
Questo prospetto ha un profondo porticato con otto pilastri. Al centro una scala porta ai piani superiori.
Il primo piano presenta un lungo ballatoio in legno coperto dall’ampia falda del tetto sul quale si affacciano le stanze. Il piano superiore presenta un terrazzino protetto da una ringhiera in ferro che corre lungo tutto l’edificio ed è interrotta al centro in corrispondenza dello spazio tra il quinto e il sesto pilastro del portico da locali adibiti a servizi igienici.
La costruzione è protetta da un tetto a due falde di coppi, sul quale sporgono otto comignoli e un lucernario.
Il pilastro si innalza su di una pavimentazione in cemento. La parte bassa del pilastro è formata da cemento grigio e da sassolini, la parte intermedia è intonacata di rosso, la parte più alta è di mattoni corrosi dal tempo.
Il pilastro sostiene il tetto con travi in legno.
Il pilastro ha un rubinetto sopra il quale c’è un gancio in ferro.
In basso vi è un tombino.
Sotto il portico, vicino alla scala che porta al piano superiore, c’è una statua della Madonna con in braccio Gesù.
Sotto la statua ci sono tanti fiori di tipi e colori diversi. E’ contenuta in una edicola fatta di legno e vetro.
AD ISTRUZIONE DEI FUTURI COLTIVATORI
SI SAPPIA
CHE NEL GIORNO 25 MAGGIO 1867
ESSENDO I BACHI DELLA TERZA MUTA
SOTTO QUESTO PORTICO
LA TEMPERATURA SI ABBASSO’ SINO A G.DI 2. ½. R
ED IL RACCOLTO FU UBERTOSO
Partendo dal basso c’è un gradino di pietra un po’ scheggiata.
La porta è divisa in quattro parti, vi sono conficcati dei chiodi un po’ arrugginiti.
E’ contornata da legno pieno di crepe perché è molto vecchia.
La scala che porta al piano superiore è collocata in un androne, i gradini hanno l’alzata in cemento e la pedata in pietra. Due corrimano in ferro sono applicati alle pareti che la fiancheggiano. Il soffitto è formato da travi di legno incrociate.
Il muro del pianerottolo presenta una finestra dalla quale entra la luce per illuminare la scala. Vicino alla finestra c’è un quadro.
Accanto all’androne, sulla parete verso il cortile, ci sono i contatori della luce delle abitazioni sormontati da una lapide in pietra. Sopra passano due tubi fra i quali è collocata una lampada.
Il ballatoio è in legno.
Il tetto è formato da travi incrociate.
Attaccato al ballatoio c’è del filo di ferro che serve per stendere.
Il primo cortile è racchiuso da una bassa struttura ricostruita e intonacata di rosso e presenta cinque finestre con griglie in ferro.
Il tetto è coperto da tegole.
Affiancati all’edificio ci sono dei pannelli radar color bianco, innalzati su pilastri in ferro che poggiano su un basamento in cemento.
Il passaggio porta alle stalle.
Il muro è dipinto di rosso ma in più punti è screpolato.
Sopra il passaggio si vede la parte inferiore di alcuni scalini.
Il disegno raffigura il prospetto nord dell’edificio abitativo della prima corte.
Ha tre piani e presenta molte finestre con persiane verdi.
Al pianterreno ci sono alcune porte e un corridoio di passaggio. Sulla facciata appaiono quattro pluviali che si alternano alle finestre.
Al secondo piano è presente un balcone con tre porte finestre e una finestra. Sopra di queste c’è una tettoia.
Il tetto è a capanna con coppi.
Sul tetto si può notare una grande antenna, segno che anche qui è arrivata la tecnologia moderna.
L’edificio destinato a stalla è bianco e diviso in due piani. Al piano terreno si possono notare tre porte e molte finestre rettangolari, alcune hanno l’apertura che si sviluppa sia verticalmente che orizzontalmente e hanno gli infissi dipinti di vario colore.
La parte superiore è aperta e adibita a fienile; è suddivisa in undici spazi da pilastri in mattone intonacato.
Il tetto e a capriate a due falde ed è ricoperto da tegole in cotto.
La porta di ferro bianco è in parte chiusa da un mura tutto scrostato formato da mattoni e intonaco.
E’ fiancheggiata da due finestre con vetri graffiati e rotti, i bordi sono di ferro arrugginito.Vicino alla porta, su di un pilastro, è situato un tubo di ferro dipinto di verde.
Nel fienile si trova un’enorme quantità di paglia.
Il muro del pianerottolo presenta una finestra dalla quale entra la luce per illuminare la scala. Vicino alla finestra c’è un quadro.
Accanto all’androne, sulla parete verso il cortile, ci sono i contatori della luce delle abitazioni sormontati da una lapide in pietra. Sopra passano due tubi fra i quali è collocata una lampada.
Nella stalla della seconda corte si elevano due pilastri laterali, in mezzo c’è un muro intonacato nel quale si apre una finestra rettangolare con gli infissi rovinati, attaccato al muro un filo metallico.
A sinistra c’è una finestra più piccola. Sopra c’è uno spazio aperto con della legna.
Il disegno mostra il muro di fianco al portone della stalla. In alto, col tempo, esso si è corroso e si vedono dei mattoni rossi. Dal muro escono due tubi, uno color ruggine e l’altro color grigio.
Il muro ancora intatto è tutto umido, di color grigio chiaro. In basso del muschio verde lo invade.
Nel mezzo del muro si vede un gancio che serviva a tenere aperto il portone situato a destra.
Il disegno rappresenta una finestra della seconda corte.
La finestra è antica, con vetri molto sporchi e trascurati, uno di essi è rotto. Attorno alla finestra c’è un muro scrostato e si vedono i mattoni. Sopra alla finestra ci sono due ganci ai quali è legato un solo filo metallico e un altro gancio al quale è legato un filo metallico spezzato.
Sopra il muro c’è una legnaia
Questa immagine è molto bella: racconta coma era la vita dei contadini che abitavano qui.
La stalla presenta due finestre con una chiusura particolare.
Si tratta di una chiusura scorrevole su una griglia e formata da tante canne. Di fianco c’è una porta in legno. La parete vicina è tutta intonacata.
La porta della stalla è in legno, la maniglia di ferro è vecchia e rovinata. Il contorno della porta è in cemento.
Nell’edificio adibito a stalla si apre una nicchia in cemento, all’interno sono appoggiate piante verdi e una brocca.
Nel sottotetto, atto a contenere il fieno, vi è un pilastro in mattoni che sostiene il tetto e travi in legno portanti che a loro volta sostengono travi più piccole.
Sul fondo della corte si può notare una struttura bassa adibita, una volta, a deposito di attrezzi agricoli.
Si notano quattro porte fatte con assi di legno che si incrociano tra loro. Davanti alla struttura è stato messo un garage. Il tetto è coperto da tegole in cotto.
Alle spalle dell’edificio si notano degli alberi e un muro.
Il muro è formato da mattoni, sassi e intonaco.
In basso si vede una porta in legno molto rovinata con una finestra dall’intelaiatura in legno.
Sopra la porta si trovano strati alternati di mattoni e sassi. Ai lati sono posti due pilastri di mattoni.
La linea del tetto è segnata da mattoni posti a denti di sega.
La chiusura è costituita da una serie di mattoni posti in modo da creare della aperture a croce utilizzate per far prendere aria al fieno.
Sulla destra, davanti all’ingresso della corte intermedia, si trova una piccola casa che anticamente era il forno. Ha il tetto con tegole spioventi e termina con una grondaia.
Ha sul davanti due finestre e una porta, destra c’è una recinzione.
L’edificio presenta, partendo da ovest, un doppio ordina di quattro arcate grandi, un’arcata piccola centrale e altre quattro grandi arcate di cui l’ultima chiusa da una muratura che lascia intravedere la precedente struttura.
Questo motivo crea al piano inferiore un porticato e al piano superiore un loggiato protetto da una ringhiera in ferro.
Le arcate hanno una struttura basata sull’arco ribassato e sono sorrette da pilastri che occupano tutta l’altezza dell’edificio e sporgono rispetto alla muratura.
Due pilastri di mattoni di un color rosso vermiglione sorreggono due archi, uno inferiore e uno superiore.
Il piano superiore è chiuso da una ringhiera di ferro nera.
L’arcata del portico è sostenuta da due pilastri in mattoni con la base in pietra.
Sopra i trova una ringhiera di ferro nera.
La ringhiera del loggiato è in ferro irrugginito ed è molto semplice, ha sbarre verticali tenute da due lunghe “piattine” orizzontali che si innestano nei pilastri di mattoni a vista. Sotto la ringhiera ci sono le arcate che la sostengono.
L’edicola è di legno scuro, ha forma ad arco ed una mensola per appoggiare i fiori; un tempo conteneva la statua della Madonna ora collocata nella prima corte.
Il pavimento del porticato è in cemento, le pareti sono intonacate. Il muro è scrostato e appoggiate ad esso vi sono delle assi in legno.
Il soffitto è formato da travi in legno posta in modo verticale e orizzontale.
Nella terza corte è posto un lavello appoggiato a un pilastro in mattoni.
Il lavello è in graniglia ed è sostenuto da un semi-pilastro sempre in graniglia.
Il rubinetto, verniciato di rosso, è cementato nel muro.
Sopra c’è un gancio in ferro che serviva per sostenere il secchio.
Al centro c’è un arco che introduce alla scala.
In basso a sinistra c’è una porta in legno dipinta di verde. Essa è divisa in rettangoli, l’ultimo in alto è di vetro.
Nel centro c’è una finestra che guarda su un prato.
La scala è di lastre in pietra.
Salendo c’è un pianerottolo dove è appeso un quadro con Maria e Gesù, poi la scala prosegue sino al ballatoio.
Questo disegno rappresenta il loggiato con la ringhiera in ferro. Vicino alla ringhiera c’è un pilastro fatto di mattoni un po’ rotti.
In fondo si vedono dei tetti un po’ marci che coprono le stalle.
All’edificio abitativo è appoggiata una tettoia sorretta da tre pali in legno.
Il tetto è coperto da un materiale ondulato sostenuto da pali in legno e una trave orizzontale.
Questi due edifici delimitano l’entrata della terza corte e distano tre-quattro metri l’uno dall’altro.
Nell’edificio a sinistra è presente un garage e un capannone per gli attrezzi.
Le pareti sono molto sgretolate e nella parte superiore si vedono i mattoni.
Nell’edificio a destra c’è l’ingresso di un garage, una finestra e una porta di legno.
Sopra ci sono dei fienili con delle aperture sul retro per far filtrare l’aria.
Tutti e due gli edifici hanno un tetto a capanna.
L’edificio è suddiviso in due piani, quello superiore presenta dei pilastri che delimitano vani aperti per la conservazione del fieno; quello inferiore, destinato a stalla, ha la muratura intonacata di bianco scrostata in alcuni punti e piccole finestre rettangolari con infissi in ferro a tre aperture.
Non presenta alcuna porta perché si accede all’interno con un passaggio posto sul fianco sinistro.
Il tetto è ricoperto da coppi.
La copertura del fienile è costituita da travi in legno. Il tetto è sostenuto da due pilastri.
L’edificio presenta sia al piano inferiore che superiore una serie parallela di finestre.
Le finestre sono contornate da una riquadratura bianca e hanno imposte di legno verde. AI piano inferiore alcune sono sormontate da fori per l’aerazione e fili per la corrente elettrica. L’edificio è coperto da un tetto in coppi.
Sulla sinistra si può notare il basamento di una colonna parzialmente ricoperto di muschio; vicino ed esso un capitello, probabilmente della stessa colonna, che presenta sporgenze decorative mancanti in alcuni punti e che rappresentano petali di fiori rivolti verso l’alto. La parte superiore del capitello ha una forma poligonale.
A destra è presente parte di un fusto di colonna non decorato e ricoperto qua e là da muschio, ad esso sono appoggiate lastre di pietra.
Il disegno rappresenta una montagnetta di sassi e uno scarico. Tutto è delimitato da una rete.
PRIMA CORTE
La facciata delle costruzioni è intonacata di un rosso molto intenso, la pavimentazione del cortile è di terra battuta e ghiaia e lungo gli edifici è presente un marciapiede largo circa un metro in cemento.
Il muro della costruzione abitata ha una zoccolatura “strollata” in cemento che corre lungo tutta la superficie ed è alta circa ottanta centimetri.
Gli infissi delle finestre sono a gelosia a due ante verniciate di verde smeraldo. I canali di gronda sono in zinco e i pluviali in plastica presentano un colore marrone scuro mentre la grondaia è formata da travetti in legno.
Nella facciata nord prospiciente il cortile con le stalle si trova un balcone al primo piano, ha una ringhiera in ferro, la tettoia in eternit é sostenuta da travetti in legno mentre la pavimentazione è in cemento.
Tutte le porte d’ingresso alle abitazioni sono in legno.
Le scale che portano al primo e al secondo piano dell’edificio hanno la pedata in pietra e l’alzata in cemento. Il ballatoio è in legno, la ringhiera è in ferro dipinto di nero.
SECONDA CORTE
La stalla esternamente ha una pavimentazione in cemento di circa sei metri, è divisa in due piani, il piano terra per il ricovero degli animali e il primo piano per la conservazione del fieno.
La parte inferiore è chiusa da una muratura in mattoni che in parte conserva ancora zone intonacate; si aprono finestre chiuse da quadrettature in vetro e legno.
E’ interessante notare che le ultime due finestre a ovest sono chiuse da una imposta costituita da canne e scorrevole su guide di ferro.
La parte superiore è aperta.
La stalla sul lato nord si presenta con la classica disposizione dei mattoni a nido d’ape oggi parzialmente chiusi. Essa è coperta da grosse travi in legno che formano le capriate e da un sistema di travi e travetti che reggono i coppi del tetto che si presenta a due falde.
La parte posteriore che dà sul terzo cortile presenta una struttura successiva in cemento nat dall’esigenza di creare uno spazio maggiore per dare il foraggio agli animali.
TERZA CORTE
Le otto arcate del piano terra e del piano superiore sono in mattoni, la ringhiera del loggiato è in ferro mentre la pavimentazione è in piastrelle rettangolari in cotto.
La parte chiusa della facciata è intonacata di bianco e racchiusa da mattoni; le finestre in legno sono dipinte di verde scuro, L’edificio ha il tetto in coppi.
La tettoia che lo affianca presenta una struttura in ferro arrugginito.
Anno 1978
Nell’area occidentale di Arcore, situata in posizione quasi ortogonale alla villa Borromeo, la villa Casati ha con questa in comune l’accesso dalla piazza delimitata a sua volta a est e a sud dal paese.
A differenza della villa Borromeo d’Adda che elevandosi sui primi contrafforti collinosi a nord del paese sembra trovare la sua ragione d’essere proprio nella sua posizione panoramica, questa dei Casati si estende in una zona di campagna completamente piatta e priva di rilievi paesaggistici.
La villa nasce infatti dalla trasformazione fatta nella seconda metà del Settecento dell’antico Monastero di San Martino e di questo ha conservato, oltre a certe strutture architettoniche, parte della proprietà rurale che si estende fino al Lambro. La ristrutturazione dell’antico convento fu probabilmente iniziata dallo storico conte Giorgio Giulini, certamente prima del 1781, anno della sua morte, e qualche appunto sporadico del suo soggiorno ad Arcore dopo il 1750 è accennato nelle sue « Memorie », I lavori furono iniziati (se non ultimati) nell’arco di tempo compreso tra le due date citate e l’impianto planimetrico rivela, pur sotto l’aspetto neoclassico, una struttura che, parzialmente legata alla sua origine conventuale, riflette ancora la sensibilità spaziale dell’epoca precedente: atteggiamento di compromesso tra il modo del vivere in villa dell’epoca barocca e le nuove forme nate dall’Illuminismo che si andavano realizzando in quegli anni.
Il Giulini, appassionato studioso di antichità, non era tuttavia legato all’indirizzo più razionalistico espresso dal Pini e dal Frisi e attuato prima dal Merlo e poi dal Piermarini, sicché ridimensionò l’edificio (se a lui sono da attribuire i lavori), dandogli o conservandogli la tipica struttura a U aperta verso il paese e impostando un vialone di accesso lungo un asse prospettico che, partendo dalla piazza antistante la villa Borromeo e lasciando a est il paese, si spinge verso ovest oltrepassando a cannocchiale la villa (nella sequenza di corte, arco centrale del portico e apertura corrispondente nel salone), mentre il retrostante giardino si prolunga otticamente con un filare di pioppi, oltre la strada provinciale, fino al Lambro distante qualche chilometro.
Questo impianto scenografico, anche se attuato con una certa semplicità, peraltro adatta al complesso piuttosto severo, lega un tipo di verde agricolo molto esteso alla villa e al parco secolare in cui è immersa, secondo un concetto spaziale ancora settecentesco.
Del primo periodo neoclassico è l’architettura esterna, molto lineare, con le sottili fasce marcapiano che verso corte si prolungano nelle due ali, con i rilievi delle cornici ad architrave delle finestre, dove solo quelle centrali sono nobilitate da timpani e con un balcone su ambedue le facciate, la cui balaustra in pietra ripete lo stesso motivo dello scalone monumentale a tre rampe, sistemato nella congiunzione del corpo principale con l’ala destra. Delle due ali quest’ultima è probabilmente la più antica, verso nord: essa divide la corte nobile dalle case coloniche collegandole tuttavia con un passaggio arcuato dalla volta parzialmente a crociera. Vi sono sistemate le cucine dove probabilmente si trovavano già all’epoca del convento, quando erano collegate da una scaletta esterna a due ampie cantine seminterrate, probabili magazzini, con copertura a botte ribassata e pavimentazione costituita come nel portico della villa da grandi pietre rettangolari, ambienti che risalgono certo al momento più antico del Monastero di San Martino.
Il portico nel corpo centrale ha conservato la sua fisionomia originale: scandito da cinque colonne monolitiche poggianti direttamente sul pavimento a grandi lastre di granito probabilmente sopralzato in epoca antica, (il passaggio verso l’oratorio è infatti più basso), ha una copertura a volte a crociera piuttosto ribassate. Opposte alle colonne quattro lesene (più due angolari) reggono le crociere e ritmano il muro aperto da una sola porta verso il salone retrostante. Questo ha dimensioni ancor più allungate del portico ed è disassato rispetto a questo; si apre con cinque porte-finestre verso il giardino e quella centrale permette il cannocchiale passante tra la corte e il giardino. Il salone, come le altre sale limitrofe, è stato ristrutturato completamente in epoca neoclassica; sopraelevato su due piani con balconata continua che si svolge intorno alle pareti al primo piano ha la copertura a vela decorata con grisaglie a finti cassettoni.
In restauri recenti per la costruzione dei due balconi esterni, ai lati di quello neoclassico sulla fronte verso il giardino, si sono ritrovate parti delle vecchie travi che reggevano la copertura lignea dell’epoca precedente all’altezza del primo piano. Soffitti simili esistono tuttora nelle cucine e dovevano trovarsi in molti altri locali, anche al primo e secondo piano, prima dei rifacimenti neoclassici che li sostituirono con altri di forma tra la volta a padiglione e la crociera che meglio si prestavano ad essere affrescati. E infatti oltre a quelli che presentano il repertorio iconografico usuale del Neoclassicismo, con le grisaglie di medaglioni, trofei, ghirlande ed etrusche, ve ne sono alcuni affrescati da piacevolissime scene naturalistiche con cieli che si aprono sopra fitte bordure vegetali popolate da animali. L’ala sinistra, stilisticamente più coerente dell’altra almeno nella facciata verso la corte, è stata probabilmente costruita per chiudere simmetricamente la corte ad U e mascherare l’asimmetria dell’antica chiesetta. Il fatto che questo oratorio dal rivestimento interno barocco oltre al portale verso il giardino abbia conservato un’apertura lungo la parete esterna, convalida l’ipotesi che un tempo vi passasse lateralmente la strada e che questa apertura servisse a dare libero accesso ai fedeli senza passare dal monastero.
Di epoca neoclassica sono probabilmente le belle scuderie, recentemente riportate alla loro dimensione originale con l’eliminazione di sovrastrutture tardo ottocentesche, poste all’inizio della stessa ala ed aperte come l’oratorio verso la strada. Di epoca più recente sembrerebbe invece la ristrutturazione del corpo a un solo piano e leggermente avanzante che fiancheggia la facciata della villa verso giardino e che si apre verso di esso con quattro ampie porte-finestre di taglio tardo ottocentesco. Tuttavia la leggera asimmetria, lo spessore dei muri e le grandi cantine a botte che proseguono sotto questo corpo, lo fanno pensare coevo alla parte centrale, e comunque più antico dell’ala destra di cui sembra la continuazione.
Il giardino comprende solo una piccola parte del centinaio di ettari della proprietà e il muro che lo recinge, nascosto da una galleria verde di carpinate, si apre con una cancellata trasparente su una fuga di pioppi, ideale continuazione del grande vialone di accesso dalla parte opposta della villa. Come riportano le planimetrie del Brenna del 1838 il viale proseguiva fino al Lambro dove alto su un’insenatura del fiume, proprio di fronte al «serraglio» del parco reale, si elevava un « Tempietto Giulini ». Nel giardino, ornato da gruppi di piante secolari e impreziosito da statue che nello sfondo scandiscono la grande carpinata, è notevole la grande serra neoclassica rialzata da un piccolo timpano centrale dove le ampie vetrate si alternano a lesene con armoniche ed eleganti proporzioni.