STORIA DELL’ARTE MODERNA INTERPRETATA DA GINO CASIRAGHI: IL MOVIMENTO FAUVE
Attraverso i “cento campanili” una Storia dell’Arte Moderna nella proposta di Gino Casiraghi. La puntata è questa volta dedicata al “Movimento Fauve”
IL MOVIMENTO FAUVEL’arte pittorica, al pari di tutte le manifestazioni umane, è sottoposta alla regola che ad ogni azione succede una reazione. Pertanto ogni corrente pittorica, per motivi di rinnovamento estetico-culturale, viene soppiantata da altri modi espressivi. Dopo il “plenairismo luminoso” degli impressionisti arriva la rudezza materico-cromatica di Van Gogh e il simbolismo emotivo di Gauguin. E immediatamente dopo appare il simbolismo intimistico dei Nabis , In quegli anni si sviluppa anche un’altra eccezionale poetica per merito del giovane Seurat, un geniale pittore-sperimentatore del colore come visivo fenomeno scientifico: il Divisionismo. Molti pittori praticheranno (in modo non del tutto corretto) questa tendenza. Ma è un sistema talmente specifico e chiuso nel suo rigore applicativo che ben presto viene abbandonato. Tuttavia la tecnica divisionista influenzerà molte espressioni pittoriche. Eclissato anche il Neoimpressionismo di Seurat, si affaccia alla ribalta dell’arte un nuovo tumultuoso evento pittorico, quello cosiddetto dei FAUVE (belve).
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Accenno ora brevemente alla formazione artistica di questi pittori. Si sa che la caratteristica dei giovani, quelli più intraprendenti, è di sovvertire, o quantomeno reagire alle proposte operative precedenti.
Una proliferazione di talenti
Per un puro caso, all’Accademia Julian, Scuola di Belle Arti ove insegnava Gustave Moreau e altri pittori in auge, capitarono uno dietro l ‘altro i giovani Matisse, Camoin, Marquet, Rouault, Manguin, Braque, Derain, Dufy, per citare i più noti. Questo manipolo di giovani rampanti, si preparava ad azzannare le poetiche dei loro professori. Ma pochi seguiranno il caposcuola Matisse, teorico del movimento.
1905: nasce il movimento fauve
Al Salon d’Automne del 1905 questi giovani si presentarono spavaldi, noncuranti delle reazioni del pubblico e della critica. Sé non che, in mezzo alla sala in cui esponevano, c’era un bozzetto di Albert Marquet raffigurante una testa di bambino ispirata all’arte fiorentina. Il critico Louis Vauxcelles al cospetto di quello spettacolo esclamò “Donatello tra le belve” (fauves).
“La violenza del colore”
La nuova estetica dei fauves si basa sui seguenti dettami: rifiuto di evocazioni realistiche della natura; opposizione alle sfumature; e soprattutto la trasposizione del colore, per ottenere “reazioni simultanee più ardenti”. Più che l’ armonia si cerca l’eccitante violenza del colore puro; colore che non funge più da servitore dell’arte, e neppure da elemento atmosferico impressionistico ove si esalta come materia luminosa. Qui il colore diventa di per sé sfolgorante materia auto strutturante. E’ una pittura di libere stesure, senza disegno, con forti contrasti di tono. E’ proprio al colore che i fauves affidano l’equilibrio plastico della composizione. Il problema della profondità e dell’illusione spaziale viene risolto col dosaggio dei toni. Ed è anche la semplificazione, quasi infantile, che determina la nuova grammatica espressiva.
Cartucce di dinamite
Sotto l’esempio di Matisse, i secondi fauves arrivati all’accademia Julian ossia Vlaminck, Derain, Manguin, Friesz diventano ancora più battaglieri e cromaticamente violenti tanto da creare nei visitatori delle loro mostre uno “choc” difficilmente smaltibile. Derain definirà i loro colori come “cartucce di dinamite”.
Ogni fauve, pur rispettando i dettami canonici del fauvismo, si esprime secondo il proprio temperamento. Ad esempio Matisse, pur esprimendosi con la violenza dei colori puri, dosa i toni con sapiente equilibrio. Vlaminck invece col suo temperamento ribelle, opera, con un istinto senza controllo, portando il colore al suo parossismo. Derain si distingue per il suo virtuosismo e la sobrietà cromatica. Braque è molto controllato e attento ai contrasti, i quali si oppongono alla violenza dei toni crudi. Dufy, pur usando i colori puri del dettato fauve, conserva la propria leggerezza di tocco e l’eleganza compositiva.
Ad ogni modo la straordinaria tendenza non dura a lungo. Dopo qualche anno dalla massima esplosione i fauves si disperdono, ciascuno nel proprio meandro creativo. C’è però una grande differenza tra l’energia rivoluzionaria espressa nei primi anni e le seguenti scelte poetiche.
Una parola su Matisse
Concludo questo breve commento con una nota riguardante Matisse, riconosciuto precursore e creatore del movimento fauve. Per chi ama la leggenda e le mitizzazioni, grande delusione possono provare di fronte a questa personalità cosi “normale”. E’ incredibile come uno dei più grandi rivoluzionari della storie, dell’ arte abbia avuto una vita quasi “senza storia.”
La sua è stata un’esistenza pacifica, a parte le schermaglie familiari il padre lo voleva magistrato. Diceva: “l’arte dev’essere come una comoda poltrona ove ti riposi dalle fatiche fisiche”. Tale tranquilla impostazione esistenziale sembra in antitesi con la sua tumultuosa pittura. Apparentemente le sue opere si presentano come espresse da una disinvolta improvvisazione. In realtà sono concepite mediante meticolose analisi. C’è però nella sua pittura oltre a un ordine preciso e “freddo”, anche una sorta di mistero circa la straordinaria energia luminosa e cromatica. Di lui Picasso dirà: “Matisse porta un sole nella pancia”.
A un certo punto la sua sintesi figurale tende a perdere la nozione dì natura, come se il soggetto non avesse più alcuna importanza. Si va verso l’astrazione.
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Aspetti, località e storia della Brianza. "Ci sono paesaggi, siano essi città, luoghi deserti, paesaggi montani, o tratti costieri, che reclamano a gran voce una storia. Essi evocano le loro storie, si se le creano". Ecco che, come diceva Sebastiano Vassalli: "E’ una traccia che gli uomini, non tutti, si lasciano dietro, come le lumache si lasciano la bava, e che è il loro segno più tenace e incancellabile. Una traccia di parole, cioè di niente".